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A notte avanzata, feci un giro per il palazzo. Sui pianerottoli, davanti alle porte delle camere, nel giardino, per le scale c'erano soldati accovacciati, ravvolti nelle cappe, che dormivano profondamente. Dinanzi alla piccola porta del cortile russava all'aria aperta il fedele Hamed Ben Kasen, disteso sopra una stuoia, colla sciabola al fianco. La luce velata delle lanterne faceva scintillare i musaici dei pavimenti e dei muri che parevano tempestati di perle, e dava a tutto l'edifizio l'apparenza misteriosa e magnifica d'una reggia. Il cielo era tutto stellato, e un vento leggero faceva stormire gli aranci del giardino. Si sentiva distintamente, nel silenzio della notte, il rumore del Fiume delle perle, il gorgoglio delle fontane, il[tn261] tic-tac degli orologi, e di tratto in tratto le voci acute delle sentinelle, che dalle varie porte esterne del palazzo si davano l'all'erta cantando delle preghiere. Che belle ore passai, quella notte, col viso all'inferriata della finestra su cui batteva la luna, pensando alla grande citt

La principessa tacque e allora nel silenzio della stanza si udì il tic-tac affrettato, concitato dei ferri, che non era meno increscioso della voce della lavoratrice e ne rivelava lo stato irritante dell'anima.

Non sentiva più l'odore, l'acuta fragranza dei capelli biondi: non sentiva più l'allegro e giovanile tic-tac degli stivaletti risonare nei cameroni del fondaco: tutto il fascino era dileguato; essa era tornata come una volta, la Cammilla di Melegnano col naso lungo e il mento storto, la Cammilla che cucinava e lavava i piatti colle mani gonfie, rosse, screpolate.

Non possiamo dimenticare che il tic-tac e le sfere in moto di un orologio, che l'entrata o l'uscita di uno stantuffo in un cilindro, che l'aprirsi e il chiudersi di due ruote dentate con l'apparire e lo scomparire continuo dei loro rettangoletti d'acciaio, che la furia di un volante o il turbine di un'elica, sono tutti elementi plastici e pittorici, di cui un'opera scultoria futurista deve valersi.

Ogni giorno essa diventava più elegante, più flessuosa nel suo povero abitino, le sue industri manine parevano affinate dall'amore e il tic-tac degli stivaletti nuovi faceva risonare nel vecchio fondaco buio una nota insolita di gioventù e di gaiezza femminile.

Odo, adesso, il tic-tac lento d'uno di quelli orologi a stipo che si vedono tuttora nei monasteri e pare che quasi siano per accompagnare col cadenzato lor ritmo le preghiere borbottate, o un canto lieve. A poco a poco, guardando dentro per la inferriata, gli occhi miei s'avvezzano a penetrare quelle ombre che prima m'erano sembrate così tenebrose.

Don Pio sentiva il tic-tac rabbioso dei ferri, che gli martellava insistentemente nel cervello e non aveva neppure la forza di dire alla moglie che cessasse. Era ritornato nell'abbattimento, nell'inerzia, non voleva più nulla, non pensava più a nulla altro che al suo dolore.