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E al nostro arrivo, ci rileggeva qualche brano non mal riuscito, specialmente quelli dove lo studente aveva infilato una serie di belle frasi patriottiche. Peccato! Se fosse andato avanti così! Tu hai tempo da perdere! tuonava baritonalmente il Panzacchi, e rideva. Rideva anche lui, il Cavallotti, e poco dopo eravamo daccapo: Vediamo!... Chi sa?... Forse, avanti...

Facevo parte, col Panzacchi e lui, della commissione esaminatrice degli scritti per la gara finale dei Licei del regno, nella quale il Ministero della Istruzione pubblica concede una medaglia di oro. Ci riunivamo in una sala della Minerva due volte il giorno. Gli scritti da esaminare erano una sessantina. Il Panzacchi aveva fretta di tornare in Bologna, e appena gli capitava in mano uno scritto che dalle prime tre o quattro pagine si palesava molto mediocre, tale da non presentare nessuna probabilit

Senza dubbio, il nostro Parlamento dev'essere onorato di veder sedere nei suoi stalli un D'Annunzio, un Panzacchi, come il Senato un Carducci; ma più a ornamento che ad altro. O deve rassegnarsi a veder sparire l'artista davanti all'attivit

Ma il Cavallotti insisteva: Ancora un po'. Chi sa?... Non precipitiamo il nostro giudizio... E quando si era finito di leggere, il Panzacchi protestava: Hai visto? Ti sei persuaso che noi due avevamo ragione? E così abbiamo perduto due preziose ore di tempo! Non importa. Ora sono tranquillo.

Io ero di accordo con lui; ma il Cavallotti si affrettava a dire, quasi balbettando: No, no! Chi sa?... Vediamo. E poi, è dovere nostro. Si leggevano altre due, tre, quattro pagine; il lavoro peggiorava. Il Panzacchi, impaziente, alzando le spalle, brontolava: Ma insomma, che dobbiamo più vedere? Non va. Smettiamo, passiamo a un altro. Io ero di accordo con lui.

Aveva paura che non si fosse lasciato illudere da una lettura frettolosa, da una discussione in cui non avesse saputo tener testa contro il Panzacchi e me, e tornava a rileggere da solo quegli scritti. Il giudizio non mutava, ma egli si sentiva più tranquillo.