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Egli rileggeva le sue lettere, baciava il suo ritratto, rievocava la sua memoria!... Egli non le aveva dato ascolto quando gli aveva parlato della loro creatura! Egli avea pianto per lei, per la morta! quando avrebbe dovuto sorridere alla nuova vita che si agitava nelle sue viscere!... Tutto era stato inutile! Tutti i suoi sforzi erano stati invano sprecati! L'amor suo non era bastato!

Ma egli tremava ancora di rivelare il suo segreto; e fino ad opera finita giurò di serbarlo gelosamente. E però volle da Costanzo la promessa che non avrebbe detto mai nulla a persona viva; e il brav'uomo gli tenne parola. Egli intanto, la notte, nel silenzio della cameretta, rileggeva il Goffredo, disegnava, schizzava di nascosto la sua composizione.

Aveva tanto amato sua madre, l'unica donna che lo chiamasse per nome e che lo avesse baciato: ed essa morì, distrutta dalle privazioni e dai dolori. Allora si pose a voler bene a quei lavori che erano l'eco della sua gioventù; aveva legati in pacco quei giornali, ogni giorno li classificava, li rileggeva, li riponeva accanto al suo meschino letto.

Leggeva e rileggeva il Libro dei Cuochi che il signor Decano teneva sul tavolino, accanto ai quattro volumi del breviario rilegati in pelle nera, e che egli dichiarava il primo libro del mondo. Ogni volta che Cardello gli diceva: Permette, voscenza? il Decano gli rispondeva: Anzi! Anzi! Dovreste impararlo a memoria!

Senti, rileggeva con enfasi: «Tentando d'intravedere l'avvenire, l'uomo spesso dimentica la bont

Costantino Lazzari consolava i suoi ozii forzati nel silenzio, nella lettura, nel disegno. Taceva per delle ore, leggeva volumi ponderosi senza sbadigliare, rileggeva i Promessi Sposi con piacere, la Vita di Benvenuto Cellini direi quasi con entusiasmo e il Sant'Ambrogio di Romussi, superbamente illustrato, con ammirazione, e disegnava, disegnava sempre.

Chiuso nel suo studio, seduto dinanzi ad uno scrittoio, Gabriele Terzi rileggeva per la quarta volta una lettera di Adriana, chiedendosi se sognava o diveniva pazzo. La lettera diceva: «Signore, Quando riceverete questa mia, sarò gi

Scriveva lettere, rileggeva quelle ricevute una volta dal marchese, piangeva sul di lui ritratto, e parlavagli del continuo, ora per rimproverarlo, ora per baciarlo con fervore.

Il sole, al tramonto, si perdeva su la marina, in lontananza, in una nebbia di fuoco e l'aria spirava fresca e profumata dalle gaggie in fiore. Lucia, ritta dinanzi al parapetto del terrazzo, rileggeva la lettera ricevuta poco prima da zia Marta. Era una lettera impressionante.

Gioconda andò sulla soglia a guardare, stese le braccia nel vano, appoggiando le mani all'uno e all'altro stipite. Era un suo gesto abituale; avanzava il capo a sorridere e a chiamare Folco. Ma non sorrideva quel giorno. Scorse Folco, il quale, volgendo le spalle, s'era messo a tavolino e rileggeva o annotava con una matita. Lavori? chiese la contessa. Folco trasalì, come destato di soprassalto.