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Ti ricordi seguitai ti ricordi tu di quella mattina che entrai nella tua stanza all'improvviso, su i primi di novembre? Ti ricordi? Entrai non so perché: perché tu cantavi. Cantavi l'aria di Orfeo. Eri quasi pronta per uscire. Ti ricordi? Io vidi un libro su la tua scrivania, l'apersi, lessi sul frontespizio una dedica.... Era un romanzo: Il Segreto.... Ti ricordi?

E te lo provo, come due e due fanno otto. «Io ti dimostrerò con belle prove» canticchiò Marcello Contini, dall'altro capo della tavola, «Che la terra si bagna allor che pioveChètati, Orfeo! gridò il Lorenzini. Io dico e sostengo, anche se m'aveste a pigliare per un poeta, che la donna è cosa tutta divina, o poco meno.

Un altro giorno palpitai forte, udendola cantare da una stanza lontana. Cantava l'aria di Orfeo: Che farò senza Euridice? Era la prima volta, dopo lungo tempo, che ella cantava così, movendosi per la casa; era la prima volta che io la riudiva, dopo lunghissimo tempo. Perché cantava? Era dunque lieta? A quale affetto del suo animo rispondeva quell'effusione insolita?

Voi imbottate come pevere: I' vo bevere ancor mi. POLIZIANO> Orfeo.

E non troveranno un cane che faccia loro la limosina di un osso. Santa pazienza! esclamò la Madre Maddalena. Ma andate, suvvia! gridarono allora, facendoglisi incontro, parecchie delle più robuste. Orfeo capì allora che non c'era più tempo da perdere, e passò incontanente la porta.

Democrito, che 'l mondo a caso pone, Diogenes, Anassagora e Tale, Empedocles, Eraclito e Zenone; e vidi il buono accoglitor del quale, Diascoride dico; e vidi Orfeo, Tulio e Lino e Seneca morale; Euclide geometra e Tolomeo, Ipocrate, Avicenna e Galieno, Averois, che 'l gran comento feo.

Ho sempre creduto che la musica fosse quella scritta sulla carta e mi accorgo invece che l'abbiamo in noi. Con un po' più di pratica meccanica spero di far dire al mio violino delle grandi cose. Capisco come Orfeo movesse le pietre e le piante; è una cosa divina, una cosa che fa quasi paura.

Il qual modo di parlare appo gli antichi greci fu appellato «poetes»; il qual vocabolo suona in latino, «esquisito parlare»; e da «poetes» venne il nome del «poeta», il qual nulla altra cosa suona che «esquisito parlatore». E quegli, che prima trovarono appo i greci questo, furono Museo, Lino e Orfeo.

Ma il suo canto non compì il prodigio, ed egli ne fu adiratissimo; più adirato del loro rifiuto di adorarlo. Essi lo umiliavano avanti a tutti, ne volevano distruggere la fama e la gloria, col provare, che quanto era riuscito a Orfeo non riusciva a lui. Montò sulle furie. Bisognava piegarli. Cantò ancora, molto, molto. La sua voce non era bella; la sua scuola poverissima.

Democrito che ’l mondo a caso pone, Dïogenès, Anassagora e Tale, Empedoclès, Eraclito e Zenone; e vidi il buono accoglitor del quale, Dïascoride dico; e vidi Orfeo, Tulïo e Lino e Seneca morale; Euclide geomètra e Tolomeo, Ipocr