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So quante cose si dissero in Europa sul conto mio e di quali avventurosi romanzi venni fatto l'eroe. Secondo alcuni avrei contratto uno splendido maritaggio a Valparaiso con la figlia di un ricchissimo armatore spagnuolo e sarebbe stato meno male! secondo altri avrei trovato la morte, una tragica morte, colto con alcuni arditi viaggiatori italiani, in un agguato di indigeni, sulle rive del fiume Darling in Australia. A dar vigore a coteste voci deve aver contribuito il nome di Nathan (appartenente anche a un illustre viaggiatore irlandese) che io dovetti aggiungere al mio nome di famiglia, per patto di adozione, allorchè mia zia, la contessa Maria-Luigia Polverari, rimasta vedova del barone Nathan di Londra, volle con questo mezzo generoso assicurarmi l'eredit

Mosse nel cuore dell'inverno da Lugano, in compagnia del suo giovane amico Giuseppe Nathan, passando il Gottardo, mal riparato dal freddo e dalla neve; onde gli si aggravò la tosse, che da tempo lo affaticava.

Allora mi diedi ai viaggi, cercai una distrazione nello studio, procurai di obliare tante traversie, avendo, in mezzo ad esse, un unico ma infinito conforto: l'affetto di una sorella di mio padre, da lunghi anni domiciliata in Inghilterra, la quale vedova da poco del barone Nathan, gi

Tocca ancora co' suoi messaggeri, come fece David, il quale per l'omicidio d'Uria e per l'adulterio commesso in Bersabé, essendosi dal suo piacer partito, mandatogli Nathan profeta, il fece riconoscere; il quale, piangendo, e in quel salmo allora da lui composto, cioè «Miserere mei, Deus», la sua misericordia addomandando, impetrò del commesso perdonanza; e similemente Ezechia re, nunziatagli per comandamento di Dio da Isaia profeta la sua morte, pianse e pregò, e impetrò quindici anni di vita.

Qui ebbe una nuova e prolungata reticenza, durante la quale parve volesse raccogliere le sue idee; quindi, con un gesto come di chi rinuncia a descrivere cosa, per la quale comprende la propria parola impotente: No, inutile il dirvi; voi comprendete.... Davanti al cordoglio intenso, commovente, ribelle ad ogni conforto, in cui vedeva piegata mia madre, io non ebbi più il capo a nulla. Non v'era ora del giorno in cui la mente di quella donna infelice non tornasse con un furore disperato, con una commozione ardente, a quell'angelo poveretto che la morte ci aveva rapito.... Nulla riusciva a distrarla, nulla a scuoterla: il dolore di quella nuova sventura aveva portato una scossa terribile alla sua fragile salute. E fu appena in quei giorni, Loreta, che io sentii quanto amavo mia madre; e vi giuro che, al vederla così com'era, sarei stato pronto a tutto purchè da me le potesse venire una consolazione, purchè le sue forze avessero potuto ritemperarsi.... Consultammo i medici: chiedemmo il consiglio degli amici. Ma con quale profitto!... La sorella di mio padre, Maria Luigia Nathan, un'angelica e pietosa donna, accorse allora. Venne a Verona, impiegò tutte le più calde persuasive dell'affetto per indurre mia madre a lasciare quel soggiorno: suo marito, il barone Nathan, doveva passare quell'inverno in Egitto per incombenze diplomatiche affidategli dal governo inglese: ci offerse l'ospitalit

Verso Madison Square sorge il palazzo dove pochi anni fa venne assassinato il vecchio banchiere Nathan. Fu un orribile delitto che rimase avvolto nel più profondo mistero. Una mattina di luglio un figlio del defunto, senza scarpe e con le calze macchiate del sangue del padre, apriva la porta di quel palazzo gridando al soccorso.

Ella reclinò il capo, vinta, senza dargli alcuna risposta. Ma Alvise comprese la significazione di quel silenzio e cominciò, animandosi grado a grado, a narrare quanto si era passato in casa sua dal giorno in cui, dopo il breve tempo passato a Bordighera in compagnia della contessa Nathan, era ritornato alla villa di Arsizzo. Ritornavo triste, ma senza avere ancora rinunciato a qualche speranza.