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moversi per lo raggio onde si lista talvolta l’ombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista. E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non è intesa, così da’ lumi che m’apparinno s’accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l’inno.

e vidi spirti per la fiamma andando; per ch’io guardava a loro e a’ miei passi compartendo la vista a quando a quando. Appresso il fine ch’a quell’ inno fassi, gridavano alto: ‘Virum non cognosco’; indi ricominciavan l’inno bassi. Finitolo, anco gridavano: «Al bosco si tenne Diana, ed Elice caccionne che di Venere avea sentito il tòsco».

turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che ’l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella; men che di rose e più che di vïole colore aprendo, s’innovò la pianta, che prima avea le ramora sole. Io non lo ’ntesi, qui non si canta l’inno che quella gente allor cantaro, la nota soffersi tutta quanta.

Tu passa, o maga nera, Passa come funesta ombra sul sole. Tutto risorge e spera, E sorridon fra i dumi le vïole: Ed io, dai lacci tuoi balzando ardita, Canto l’inno alla vita!.... .... in chiesa.

Marianna a capo delle donne intuona l’inno della vittoria sulle sponde del mar Rosso; e alla caduta di Golia son le donne che colle loro patriottiche laudi al guerriero vincitore, feriscono al vivo l’invido cuore di Saulle.

‘Te lucis ante’ devotamente le uscìo di bocca e con dolci note, che fece me a me uscir di mente; e l’altre poi dolcemente e devote seguitar lei per tutto l’inno intero, avendo li occhi a le superne rote. Aguzza qui, lettor, ben li occhi al vero, ché ’l velo è ora ben tanto sottile, certo che ’l trapassar dentro è leggero.

moversi per lo raggio onde si lista talvolta l’ombra che, per sua difesa, la gente con ingegno e arte acquista. E come giga e arpa, in tempra tesa di molte corde, fa dolce tintinno a tal da cui la nota non è intesa, così da’ lumi che m’apparinno s’accogliea per la croce una melode che mi rapiva, sanza intender l’inno.

Grido il saluto libero e fraterno, L’inno augural che avvince cuore a cuore, Inno di speme e di giustizia: eterno Come i mari e i deserti, Come i germi de’ solchi e lo splendore De’ glauchi cieli aperti. A Donna Emilia Peruzzi. Corsia di San Giuseppe, a destra, in fondo, Numero venti.

L’allegrezza della brigata cresceva, e il nostro pauroso frate non si scandolezzò punto, quando il capo degli arcieri intuonò l’inno che egli aveva insegnato.

turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che ’l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella; men che di rose e più che di vïole colore aprendo, s’innovò la pianta, che prima avea le ramora sole. Io non lo ’ntesi, qui non si canta l’inno che quella gente allor cantaro, la nota soffersi tutta quanta.