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Vedendo l'Agata alzò le mani e gli occhi al cielo esclamando: Benedetto Iddio!... ecco la Provvidenza!... Agata l'interruppe interrogandola ansiosamente: Come va il povero Beppo? Sempre lo stesso, signora!... sempre la febbre... e i dolori. Ma se vuole consolarlo si mostri sulla porta. Entriamo, entriamo, disse l'Agata, e la povera donna c'introdusse nella stanza dell'infermo.

Non sapevo risolvermi a privarmi di quella santa memoria; respingevo il progetto, e lo riprendevo esitante e sconvolto da mille diversi pensieri, quando la Rosa venne a dirmi che l'Agata mi attendeva ansiosa di conoscere l'effetto prodotto dalle sue disposizioni.

La nonna ci accompagnò in anticamera, ma sentendosi soffocare dall'emozione, baciò più volte la Giuseppina, la strinse al seno teneramente, e ritornò presso il malato. L'Agata aveva dimenticato i pericoli del marito per occuparsi intieramente della figlia che stava per lasciare. Quella separazione lacerava crudelmente il suo cuore, eppure si forzava di dissimulare il dolore per non aggravare quello della sua creatura, gi

Non mi ero degnato mostrarmi offeso della scelta del libro, e tacqui fino a che un giorno l'Agata mi domandò se io facessi progressi nell'orticoltura. Allora gli dissi un po' risentito che non mi sentivo davvero chiamato a quel genere di studi. Avete torto, mi rispose.

Il cane ha un istinto che non l'inganna, egli sente a usta gli amici e i nemici del padrone, mena la coda o abbaia secondo il caso. L'Agata, alla quale la Rosa s'era raccomandata per avere dei consigli risguardanti la cucina, mandava invece dei cibi squisiti, belli e pronti da mettersi in tavola. Ah se tutti i consiglieri facessero così!...

Il signor Nicola mi gettò le braccia al collo dicendomi che da quel momento mi considerava quale suo figlio, la signora Giovanna mi baciò con pari affezione, e l'Agata, che ci guardava commossa, mi parve più bella che mai; la Menica piangeva della nostra allegrezza, e Martino, incerto se dovesse ridere o piangere, restava fra le due, cogli occhi lagrimosi e la bocca ridente, come le selci delle sue montagne all'aurora d'un giorno sereno, bagnate dalla rugiada e rischiarate dal sole.

Io accompagnai l'Agata che andava in cerca di Martino fuggiasco, per annunziargli l'amnistia ottenutagli dal padre.

Io lasciava che andassero; infatti che cosa al mondo poteva interessarmi di più dello scioglimento del mio problema? non era esso il mistero della mia vita?... La contessa Savina era per me la più bella, la più seducente, l'unica donna!... L'Agata era una sorella. Il suo volto? io non lo vedeva! Il viso della contessa Savina mi stava impresso nel cuore con indelebili tracce.

All'indomani scrissi una lunga lettera a mio zio nella quale gli svelavo il mio amore per l'Agata e il progetto di matrimonio chiedendo il suo assenso. Non appena partita la lettera, rammentandomi il passato, incominciò a frullarmi per la testa che il lirismo delle mie frasi potesse produrre un funesto effetto sull'animo positivo di mio zio.

Il dottore mi avvertì che ogni speranza di salvare il signor Nicola era perduta, l'Agata non abbandonava più la camera dell'infermo, il giorno la notte, prodigandogli le cure più affettuose insieme alla madre. Una mattina egli volle ricevere i sacramenti, circondato da tutti i suoi cari. Sono momenti solenni, che si scolpiscono indelebilmente nella memoria.