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Intanto col mio ingegno doveva studiare il modo di pareggiare la differenza fra le mie rendite e quelle della contessa Savina!.. ma ero innamorato stracotto e la parola impossibile non si trova nel dizionario degli innamorati. E poi avevo sul telaio il mio Lucchino Visconti, e nessuno poteva indovinare ove mi avrebbe condotto una tragedia.

Ed essa di rimando: Ciò che è raro non è impossibile!... e dopo una lunga pausa, quando io sperava che fosse caduto il discorso, essa esalò un profondo sospiro e riprese: le donne hanno una seconda vista e presentimenti che non fallano. Io sento dentro di me che un giorno tu riceverai un bacio dalla contessa Savina!...

Il romanzo della mia vita incomincia quando io avea diciott'anni, e passavo gran parte del giorno al balcone, in casa di mio zio canonico. Allora la contessa Savina di Brisnago aveva sedici anni, e ricamava, seduta presso al balcone dirimpetto del mio.

Vedevo bene una signora attempata al suo fianco, nel salotto o in carrozza, ma la vedevo come un'ombra, senza arrestarvi sopra l'occhio, il pensiero. Le notizie di Veronica mi sbalordivano, come qualche cosa di straordinario, tanto mi pareva impossibile che Savina fosse una donna come le altre.

Vedevo come in sogno lo zio canonico che andava a dir messa, il gatto di casa che miagolava fregandosi alle sottane di Veronica, mentre essa apparecchiava la colazione, entravo nella mia cameretta deserta, aprivo il balcone, e stavo aspettando che la contessa Savina comparisse alla finestra dirimpetto, per pagare il suo debito, restituendomi il bacio.

Divagavo in questi pensieri, quando lo scricchiolare d'una gelosia mi fece alzare la testa. Una finestra al terzo piano del palazzo si apriva lentamente: C'è un guardiano... dissi fra me. Le gelosie rimasero semichiuse durante una mezz'ora, poi vennero spalancate d'un tratto, ed una donna vestita di bianco apparve davanti i miei occhi... era la contessa Savina!...

È un modo di godimento anche l'ascoltare la menzogna che fiorisce su le loro labbra, specialmente quando, a furia di ripeterla, finiscono col credervi esse pure. E se in certi momenti mi persuadevo che la Savina fosse sincera, esclamavo: Tanto meglio! Sar

Così cavando dei versi tragici dalla prosa slombata del villaggio, osservando col microscopio gli omuncoli del mio tempo e vestendoli all'antica, io passai il primo inverno, col corpo in Valtellina, col pensiero nel medio evo, col cuore a Milano; diviso in tre parti, una che tremava dal freddo sotto le Alpi, l'altra sepolta fra le tenebre del passato, la migliore che, accovacciata alla finestra di mio zio canonico, aspettava il bacio della contessa Savina.

Mio zio, vedendomi sofferente, s'accorse che avevo passata una cattiva notte. Povero Daniele!... mi disse con affezione, tu pensi sempre alla contessa Savina!... Nemmeno in sogno!... gli risposi, temendo quasi che potesse scoprire i misteri della notte, e soggiunsi: Tutto è finito.

A proposito, diss'io con aria indifferente, come va il matrimonio della contessa Savina? Mio zio mi guardò in faccia prima di rispondere. Io affettai una tale bonariet