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Giuseppina, salita nella cameretta che sua madre le aveva allestita con tante cure delicate, ne rimase commossa, ed accorse a baciarla teneramente, per esprimerle la sua viva riconoscenza; ma l'Agata ed io pensavamo che quella maledetta finestra di Milano, che aveva attristata la mia gioventù, avrebbe continuato a molestare col suo influsso la nostra famiglia e ad amareggiarci la vita.

Allora l'Agata accordò la Rosa al mio servizio, e volle stipulata una convenzione fra noi, cioè ch'io non entrassi più nella mia futura dimora fino a che l'opera non fosse compiuta.

Alla sera accorsi in casa Bruni, e ritornandovi ogni giorno non tardai ad acquistare la più cara abitudine. Se c'era gente io ne approfittava per conversare con l'Agata, se la famiglia era sola si faceva la lettura in comune.

Analizzava con sottili argomenti il cuore della fanciulla, e volendo giudicarla dai risultati, conchiudeva accusandola di leggerezza, d'ambizione, di civetteria. Tale giudizio sembrandomi ingiusto, la difendevo, forse con troppo calore, e allora l'Agata mi guardava fisso e impallidiva... e io tacevo.

Cadutomi il velo che mi offuscava la vista e riconosciuto l'acume che avea guidato l'Agata nel suo giudizio, le confessai francamente la colpevole diffidenza che mi spinse al nuovo tentativo; manifestandole in pari tempo l'effetto ottenuto e chiedendole scusa del mio stolto orgoglio, le giurai che la mia prima tragedia sarebbe stata anche l'ultima.

La troverò io, soggiunse l'Agata, e mi mostrò tanta bont

I nostri dialoghi sulle cose più comuni mi giovarono ad apparecchiare il terreno, e furono come una prefazione in prosa davanti un nuovo volume di poesia. Parlando degli incomodi della stagione, l'Agata mi domandò: Come passate le sere di queste lunghe notti d'inverno? Nel tedio della solitudine, io risposi, solo col mio cane!... E perchè non venite da noi a farci un po' di lettura?

Io mi sedetti al focolare, scaldandomi le mani, parlando di cose indifferenti, e guardando l'Agata con affettuosa attenzione, mentre essa in piedi raccoglieva i tizzoni colla molle, e disegnava dei geroglifici sulla cenere.

Leggendo attentamente la lettera, essa dimenava la testa in segno di disapprovazione, dicendomi: Questa frase ha un doppio senso... questa è un'evidente allusione al passato... questa espressione è troppo sentimentale... l'altra è poco rispettosa. Trovava altre frasi che non erano assolutamente necessarie, convenienti, del caso. Perciò, finite le amputazioni, non restavano che poche righe e la firma. Dovetti passare due ore con l'Agata, pesando tutte le parole, e credo che nessun diplomatico al mondo avr

Dopo ripetute raccomandazioni, baci, amplessi e sospiri, l'Agata ci accompagnò sulla porta, e saliti nella vettura che ci aspettava da un pezzo siamo partiti, mentre tutti ci mandavano i più cordiali saluti coi cenni delle mani, e coi fazzoletti spiegati.