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Attirati dal rumore siamo corsi tutti in cucina, e vedemmo una finestra caduta in frantumi, una damigiana rovesciata, un lago di vino sul pavimento, la Menica colle mani nei capelli, Martino che fuggiva per evitare il primo impeto del padrone. Che cosa era avvenuto per causare tanti disordini?... Una piccolissima causa aveva prodotto quei terribili effetti, proprio come molte questioni di duelli.

Nessuno fiatava: la macchina sola si era messa a strepitare come un uragano. Cantiamo! mormorò la Meroni, impaurita. Cantiamo le lodi della Beata Vergine. Cominciate voi, Maria, cominciate!... supplicò la Menica, povera donna, con quella faccia di febbre. Non posso rispondeva Maria. Non posso. Aveva un peso sul cuore, un peso che le mozzava il respiro.

Io aveva presa una sua mano nelle mie, e un fluido arcano aveva messo in comunicazione i nostri cuori che corrispondevano fra loro. La Menica rientrando accese il lume, Martino mise della legna sul fuoco che era quasi spento, e i signori Bruni, ritornati dalla loro escursione, ci trovarono seduti uno vicino all'altro come due colombi in un nido.

Il figliuolo della Meroni e quello della Menica parlavano di emigrare. Altri giovani li ascoltavano con torva attenzione. Ma le donne inorridivano a quei discorsi. Chi resta qui dovr

Poco dopo comparve la Menica colle sottane rilevate fino al ginocchio, le gambe nude, gli zoccoli di legno, e le maniche della camicia rimboccate fino al gomito, portando un mastello di lavature, dentro le quali gettò una manata di crusca, e poi aperse il porcile.

Non tardai parimente ad avvedermi che l'Agata era la delizia di tutti: sua madre la contemplava con tenerezza, suo padre le sceglieva i bocconcini più ghiotti, e glieli offriva con compiacenza, la Menica girando intorno la tavola l'ammiccava con un sorriso, Martino la serviva con diligenza e premura, Bitto non si distaccava più dal suo fianco, ed era cane di buon naso.

Cosicchè tutti correvano: noi per assistere allo spettacolo correvamo sul teatro dell'avvenimento, il vino correva per la cucina, il sorcio correva pei campi, Martino correva per la corte, il signor Nicola correva dietro a Martino, la Menica correva dietro al signor Nicola, e lo raggiunse abbastanza in tempo per salvare il domestico da un colpo di bastone, che avrebbe dovuto piuttosto uccidere il sorcio.

Il dottore non gli rispose, ma gli diede un'occhiata incendiaria che voleva dire: Linguaccia malefica, se ti potessi cavar sangue, te lo caverei fino all'ultima stilla! Il signor Nicola, passato il primo impeto, ritornò tranquillamente in cucina, rimproverando la Menica d'aver chiamato Martino per uccidere un sorcio.

Come?... Vuoi che le vetture che conducono i viaggiatori arrivino dopo di loro?... Chiudi il cancello... chiama la Menica... accendi il fuoco... corri... imbecille!... , signore!... Il signor Nicola chiuse la finestra e mi disse: Caro signor Daniele, non dovete giudicare il paese dal campione che vedeste.

Per buona fortuna entrò la Menica, che si mise a distendere sulla tavola una bianca tovaglia di bucato, poi distribuì i tovagliuoli, i piatti, le posate, e apparecchiò in ordine ogni cosa.