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CAPPIO. Pigliate i capelli d'Altilia che son di miniera, coceteli al foco del vostro core, batteteli col martello, col quale amor vi picchia, in verghe e fatene scudi; o vendete quei rubini, zafiri e perle del suo volto, e cominciate a smaltir cosí gran tesoro. GIACOMINO. Quei capei tutti son lacci per incatenarmi ed appiccarmi.

Vi serva di regola in avvenire!... E i fiori?... Gioconda!... Gioconda!... Voi, Pietro, che avete la passione dei fiori, fatene un bel mazzo per la mia Eleonora! Ahuf! Non ne posso più! È una giornata delle più tremende!... Ah, povero Fara-Bon! È un chiodo fisso qui, e rivolgendosi al Brunetti si picchiava forte l'indice teso contro la fronte, un chiodo qui! qui! qui!

Per la Francia bastavano in ogni modo quelle del Fauriel, per l'Italia quelle del Foscolo. Anche il Monti, del resto, scrivendo nel 1818 a Giovanni Torti, gli avea detto: "Da chi avete voi imparata l'arte di far versi così corretti, così belli? Fatene di più spessi e crescete la gloria degl'Italiani, il più caldo lodatore della vostra Musa sar

Quando s'accorser ch'i' non dava loco per lo mio corpo al trapassar d'i raggi, mutar lor canto in un <<oh!>> lungo e roco; e due di loro, in forma di messaggi, corsero incontr'a noi e dimandarne: <<Di vostra condizion fatene saggi>>. E 'l mio maestro: <<Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che 'l corpo di costui e` vera carne.

Quando s’accorser ch’i’ non dava loco per lo mio corpo al trapassar d’i raggi, mutar lor canto in un «ohlungo e roco; e due di loro, in forma di messaggi, corsero incontr’ a noi e dimandarne: «Di vostra condizion fatene saggi». E ’l mio maestro: «Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che ’l corpo di costui è vera carne.

80 Ruggier rispose: Non ch'una battaglia, ma per voi sarò pronto a farne cento: di mia persona, in tutto quel che vaglia, fatene voi secondo il vostro intento; che la cagion ch'io vesto piastra e maglia, non è per guadagnar terre argento, ma sol per farne beneficio altrui, tanto più a belle donne come vui.

Ma lasciarli più a lungo al dolore non volle il pievano, epperò li scosse e seco loro usci dalla stanza. Abbiate rassegnazione, amici. La poveretta è partita per luogo di gaudio. Voi Giaimo siate forte, e voi Tecla seguitela colle preci. Datevi pace e fatene omaggio al gran re.

Quando s'accorser ch'i' non dava loco per lo mio corpo al trapassar d'i raggi, mutar lor canto in un <<oh!>> lungo e roco; e due di loro, in forma di messaggi, corsero incontr'a noi e dimandarne: <<Di vostra condizion fatene saggi>>. E 'l mio maestro: <<Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che 'l corpo di costui e` vera carne.

Se tu non vuoi dirci io chi sia costui tu stesso, dicci almeno, chi sei di noi duo. GERASTO. Di grazia, fatene questo piacere, chi sei di noi duo? PANURGO. V'ho detto dieci volte ch'io son io e voi sète voi, io posso essere alcun di voi. NARTICOFORO. Oh, non posso far rispondere costui ad petita!

e due di loro, in forma di messaggi, corsero incontr’ a noi e dimandarne: «Di vostra condizion fatene saggi». E ’l mio maestro: «Voi potete andarne e ritrarre a color che vi mandaro che ’l corpo di costui è vera carne. Se per veder la sua ombra restaro, com’ io avviso, assai è lor risposto: f