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Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?». «Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar largo fiume?», rispuos’ io lui con vergognosa fronte.

Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia, poi che ’l superbo Ilïón fu combusto. Ma tu perché ritorni a tanta noia? perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?». «Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar largo fiume?», rispuos’ io lui con vergognosa fronte.

Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Ilion fu combusto. Ma tu perche' ritorni a tanta noia? perche' non sali il dilettoso monte ch'e` principio e cagion di tutta gioia?>>. <<Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar si` largo fiume?>>, rispuos'io lui con vergognosa fronte.

la profonda dolcezza entro la rima sottilemente infusa io vi rendo. Gioite voi. Ma, prima, Isaotta, la Musa, quella ch'io più cantai, con un baleno tra i cigli e con protese le bellissime braccia, offre il suo seno, come Giulia Farnese. Ella apparve. Buon , messer cantore! disse ridendo con gentile volto. Disegno di ALFREDO RICCI.

Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d'Anchise che venne di Troia, poi che 'l superbo Ilion fu combusto. Ma tu perche' ritorni a tanta noia? perche' non sali il dilettoso monte ch'e` principio e cagion di tutta gioia?>>. <<Or se' tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar si` largo fiume?>>, rispuos'io lui con vergognosa fronte.

Con pronuncia ostrogota tentò costui di giustificarsi, ma io l'interruppi con queste parole: Sul monte di Villa San Giovanni, signor comandante, vi cantai più volte alta la testa quando la piegavate col moto della civetta al fischio delle palle. Mi rubaste il cavallo per vendicarvi?

MERLINO. Non mi fa mistiero lo giá perfettamente imparato imparare di novo. Pensi tu forse, o Limerno, ch'io non sappia le passioni di quello arciere, per cui giá tanto cantai ch'ora ne son roco e imbolsito? LIMERNO. Troppo til credo, ché 'l fiasco per soverchio bere consuma un corpo. «Copia vini et tentat gressus debilitatque | pedes». VIRG. MERLINO. Anzi lo bere fa bona ed espedita voce.

Ma sapete che è carina la canzone? Via, fatemela sentire colla vostra bella voce. È appunto per soprano. Non c'era garbo a rifiutare e cantai.

col nome che piu` dura e piu` onora era io di la`>>, rispuose quello spirto, <<famoso assai, ma non con fede ancora. Tanto fu dolce mio vocale spirto, che, tolosano, a se' mi trasse Roma, dove mertai le tempie ornar di mirto. Stazio la gente ancor di la` mi noma: cantai di Tebe, e poi del grande Achille; ma caddi in via con la seconda soma.

Il giorno dopo, quando Egli mi disse: Non vorreste cantare oggi? risposi di no ed Egli non insistette; tuttavia il motivo di quella canzone risuonava intorno a noi così morbido ed insistente e tacitamente inteso che pareva una carezza sospesa nell'aria. E ancora nelle sere seguenti, io cantai Egli me ne richiese, ma la canzone stava in mezzo a noi calda e palpitante come persona viva.