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Aggiornato: 21 giugno 2025
Virginio Rufo lo ha dichiarato decaduto dall'impero. Egli aspira al trono? chiese fremendo. No, gli venne offerta la porpora dall'esercito vittorioso ma egli l'ha rifiutata. Galba? Neppure. Virginio Rufo marcia verso Roma. Vuole che l'impero si conceda soltanto per voto di senato.
E forse che non son novelliere! forse che non gli piace di dir male! Giá credo che si sappia per tutto; anzi, ne son certo, ché basta ch'una sola il sappia che, fra tre ore, va per tutta la terra. Disgraziato padre! misero e doloroso vecchio troppo vissuto! Virginio, che farò io? che pensiero ha da essere il mio?
CLEMENZIA. E come, che ha degli anni passati cinquanta? VIRGINIO. Ch'emporta cotesto? Io so' pur quasi al medesimo; e tu sai pur s'io son buon giostrante o no. CLEMENZIA. Oh! De' par vostri se ne trovan pochi. Ma, s'io credesse che voi glie la desse, prima l'affogarei. VIRGINIO. Clemenzia, io perdei ciò ch'io avevo. Ora mi bisogna fare il meglio ch'io posso.
La sua guerra contro gli Orsini ebbe però un esito inatteso e segnò uno splendido trionfo per questa casa minacciata da tanta rovina. Mentre Virginio languiva in un carcere a Napoli, dove poco dopo morì di veleno, difendevano eroicamente il suo castello di Bracciano il giovane Alviano e sua moglie Bartolomea, sorella di Virginio.
E non vorrei che niun di questi sbarbatelli, che van facendo il bravo per Modena col pennacchio ritto alla guelfa, con la spada alla coscia, col pugnal di dietro, con la nappa di seta, mi vincesseno in cosa nissuna, eccetto che nel correre. VIRGINIO. Tu hai buono animo. Non so come le forze riusciranno. GHERARDO. Vorrò che tu ne domandi Lelia, come sará, la prima notte, dormita con me.
FABRIZIO. Dieci, non tanto una: ho forse paura di voi? VIRGINIO. Gherardo, ora che voi l'avete qui drento, ordiniamo di serrarla in camara con tua figliuola fino a tanto che si rimanda pei suoi panni. GHERARDO. Ciò che tu vuoi, Virginio. Pasquella, porta la chiave della camera da basso e chiama Isabella che venga giú. PEDANTE e STRAGUALCIA.
GHERARDO. A chi m'ha mancato di fatti, sí: oltra che tu non sai se la potrai riavere o no. Tu mi vòi vendere l'uccello in su la frasca. Ho ben sentito, quando tu ragionavi con Clemenzia, il tutto. VIRGINIO. Quando io non la riabbia, io non te la vo' dare; ma, s'io la riaverò, non sei contento che le nozze si faccin subito?
FLAMMINIO. Non dico te; ma Isabella e Fabio. CRIVELLO. E che voi abbruciate quella casa, con Pasquella e con chi v'è dentro. FLAMMINIO. Andiamo a trovar lo Scatizza. S'io non nel pago, s'io non fo dir di me, se tutta questa terra non lo vede... Ne farò tal vendetta!... Oh traditore! Vatti poi fida. PEDANTE, FABRIZIO giovine figliuol di Virginio e STRAGUALCIA servo.
VIRGINIO. Questi sono i costumi che tu gli hai insegnati? Questo è l'onore ch'ella mi fa? Oh sfortunato a me!
CLEMENZIA. Farai pur come colui che si toglie le corna di seno e se le mette in capo. VIRGINIO. Non me ne curo. Tanto se ne saria. Basti ch'io me le tagliarò. CLEMENZIA. Govèrnate a tuo modo, ché non ti dorrá la testa. VIRGINIO. Io ho avuti i segnali come la va vestita. Tanto la cercarò ch'io la trovarò. Poi bastisi.
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