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Aggiornato: 22 maggio 2025
L'oro che seco portava il Pusterla divenne bottino del traditore, il quale non si fidò di rimettere il piede in Pisa, ricordevole dell'avventura dell'altra volta, e domandò al capitano del Caspio che lo tragittasse a Genova. Questi, volendo (ripeteva) esser libero come il mare, pose a terra il suo carico, e tosto diede la volta per dove Ramengo gli comandava. Il quale poi sbarcato, a gran giornate come chi reca una prospera novella, attraversò la Liguria e il Monferrato, toccò a Vigevano i confini del Milanese. Quivi però dovette subire una contumacia, essendo allora sospetticcio di peste, e massime nella Toscana, ove la fame dei due anni precedenti sviluppò la contagione in modo che la sola Firenze perdette in quell'estate quindicimila cittadini. Veniva come un tremendo foriero di quella che infierì sette anni dopo; intendo la troppo famosa, descritta dal Boccaccio, che sterminò centomila persone in Firenze, ottantamila in Siena, quarantamila a Genova, settantamila a Napoli, fra Sicilia e Puglia cinquecentotrentamila, restando alcune citt
Qui sta il punto, Burigozzo, e la tua storia dei duecentomila non ci ha a che fare gran fatto. Domando io se al Morone c'era bisogno di regalare la contea di Lecco, Vigevano al cardinale, la Ghiarra d'Adda al Lampugnano: terre che rendono pan d'oro e fiorini a staia... e so cosa dico! Manco roba, manco affanni, dice il proverbio, e pare che il duca l'abbia intesa così.
Si lasciò abbracciare dal vecchio suocero, si lasciò condurre da lui fino alla vettura, lasciò ch'egli parlasse e si congratulasse: non ritirò la mano ch'egli volle baciare e quando gli parve di aver vinta la grande emozione del primo incontro, domandò con voce, in cui tremava una timida emozione: Dov'è lei? Lei... lei, è a Vigevano. Piange, si dispera e fu lì per morire.
Io viaggiavo a far le piazze di Vigevano, di Lodi, di Mortara e anche più lontano, mentre Battista, più timido e anche meno robusto di me, attendeva alla bottega. Dopo qualche tempo fui io stesso che gli consigliai di prender moglie.
Le medesime cautele vigevano per la fornitura delle buffetterie e dei cuoî necessari per esse: incrociature, taschi, pendoni, o centurini da sciabole, baionette, palossi e palossetti, che erano pure somministrati dall'industria privata e più precisamente dai fratelli Zaghis di Treviso. I reggimenti di fanteria italiana alla caduta della Serenissima erano in numero di 18.
Venne a Milano, dove non rimase che il tempo di riempire il baule e dopo aver scritto quattro righe supplichevoli, andò a nascondere la sua umiliazione in una casa di campagna presso Vigevano, dove il barone aveva dei fondi umidi.
Poi di notizia in notizia venne fuori che il nobile Scipione de' Barigini, nipote d'un cardinale, ecc. non era niente affatto nobile, nè marchigiano, ma semplicemente un figlio disutile d'un povero maestro di Vigevano, che dopo aver fatto stringhe della pelle pur mantenerlo agli studi e per cavare da lui un uomo, s'era trovato in mano un Superuomo di quella razza.
Ma fosse predilezione ed interesse pel suo Marchesato di Vigevano e per la Signoria di Musocco, fossero le gravi cure delle faccende politiche e guerresche, il Triulzo non badò a dar compimento alle ideate ed intraprese opere intorno al Castello di Musso, non tenendo di quel Borgo a cuore altro che la zecca, i di cui scudi d'oro e d'argento, detti del Sole, ebbero corso e furono ricercati per tutta Europa.
Parola Del Giorno
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