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Aggiornato: 26 giugno 2025


Non osava confidare a Vicenzino le angoscie segrete che lo agitavano; si vedeva preso inesorabilmente nella fatale alternativa di essere un cattivo prete o un figlio crudele, troppo debole per accettare il sacrificio, troppo buono per liberarsene ad ogni costo.

Ma il signor Anselmo lo interruppe colla voce tanto commossa, che spiegava il suo lungo silenzio: È figlio di mio fratello, e basta. Poi, accennando la porta di casa colla mano che tremava come una foglia scossa dall'aria, disse a Vicenzino: Entra.

In casa Dogliani fu un gran chiacchierare dei ragazzi sul bel tratto di Vicenzino, e le cuginette lo ammirarono molto. A pranzo il signor Anselmo domandò a Vincenzo con piglio severo: E così? l'esame di latino?... e crollò il capo come per dire che non ne sperava nulla. L'ho fatto bene! gridò Vincenzo con uno scoppio di voce.

Era il segreto del mio buon umore, della rassegnazione con cui vedevo passare gli anni e partire le mie sorelle. Ero certa che sarebbe tornato. Da sette anni? balbettò Vicenzino. . Da quando tu eri a Vercelli col tuo povero babbo. Egli passò quell'anno qui in permesso; s'era ammalato nel suo primo viaggio al Giappone.... È in marina? ; nella marina mercantile.

Don Procolo arrivò appena a tempo a stringere per un'ala il suo tricorno e ammainò le falde del tabarro. Tutta la piazza era coperta di neve che mandava fuori cento mille scintilluzze sotto la luce tenera dei fanali. Non un uomo, non un cane intorno, non un uscio aperto. Attraversarono in silenzio la piazza e prima di svoltare in S. Vicenzino, alzarono gli occhi alla finestra d'angolo.

Vicenzino solo non s'avvedeva di nulla. Appena aveva sentito sulle sue guancie le labbra della Elena, s'era messo a tremare, ed era scoppiato in un pianto convulso. Era troppo debole per quella sorpresa di felicit

Dinanzi alla scena straziante che gli presentava quella lettera, le esitazioni di Vicenzino cessarono. Con un sospiro, che gli veniva dal fondo del cuore, gemette: «È necessario.» E scrisse all'Elena un biglietto che le mandò dallo stesso contadino: «Vincenzo è fuori di pericolo; vivr

È un caso disperato». E due lucciconi, che gli tremavano sugli occhi, caddero come due perle sulle mani congiunte dei due amici. Non sei contento di far il prete? tornò a domandare Vicenzino. Saresti contento tu? rispose l'altro con uno scoppio di voce che tradì un singhiozzo. Io non ho la vocazione. Ed io l'ho la vocazione?

Vicenzino rimase solo dinnanzi a quell'ombra dell'amico adorato, del fanciullo forte e felice, che era andato a cercarlo nel suo abbandono, che gli aveva dato una casa, una famiglia.

Ho il benefizio; ho il dovere di conservare quella rendita al babbo che è vecchio, alle sorelle che non hanno dote... Eccola la mia vocazione! Debbo sagrificarmi per gli altri; sagrificarmi tutta la vita. Eri pur contento del tuo stato, prima.... insistè Vicenzino. Prima ero un ragazzo. Non pensavo neppure d'aver una patria. Credevo che le guerre si facessero solamente nei libri di Storia.

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