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Aggiornato: 26 giugno 2025
Vedi che non è possibile; sarebbe una vergogna, un delitto. Preferisco morire...» Vicenzino fermava tutti i contadini che vedeva per domandare affannosamente, fremendo d'impazienza: Sei tu che hai portata questa lettera a casa Dogliani? Tutti dicevano di no; ed egli correva, di su, di giù, come un matto, agitando la lettera in alto, guardando tutti supplichevolmente, e gridando: Chi l'ha portata?
La fantasia eccitabile di Vicenzino se lo figurava nei giorni di tortura che aveva passati errando solo per la campagna, implorando come Cristo: «Allontanate da me questo calice», quando per allontanarlo si era rassegnato a morire a ventun'anni, nel fiore della gioventù e della salute.
Si sentiva superiore a quei poveri, ed era felice. Quando Vicenzino era stato alla vigilia d'andare alla scuola, gli aveva detto in presenza dei vicini: Domattina alla scuola troverai tuo cugino, il figlio di mio fratello Anselmo. Si chiama Vincenzo Dogliani come te. È il nome di nostro padre... Vicenzino si era fatto tutto rosso.
Il signor Dogliani si fermò; rizzò il capo, che teneva chino per ripararsi dal freddo col bavero del mantello, e, vedendo una figura lunga e nera da prete, esclamò stupefatto: Vincenzo! Sei tu? Sì, rispose Vincenzo. Vengo a condurti un figlio di più. E spingendo innanzi Vicenzino soggiunse mestamente: Suo padre è morto.
Tutti si scostarono per lasciarlo avvicinare al cadavere; ma appena egli lo vide, gridò: Per Dio! è troppo tardi. L'avete lasciato morire!... No, no! urlò Vicenzino. Senta, non può essere morto. Guardi; qui il sangue si è rappreso.
Vincenzo s'era fermato a confabulare in istrada con alcuni compagni per uno spasso che dovevano pigliarsi la mattina seguente, quando vide passare Vicenzino, che s'era fatto rosso al vederlo e camminava lesto lesto, come se non lo avesse riconosciuto. Oooh!
Temo che Vicenzino si stanchi, rispose il signor Dogliani, e non sia poi in grado di venir domenica a Novara per la cerimonia; vogliamo esserci tutti; è una gran giornata domenica.... Vincenzo non rispose altro. Strinse forte la mano a tutti e due, e salì in fretta nel vagone. Vicenzino si rimetteva rapidamente.
Ma pochi minuti dopo non ci pensava più, e, felice di aver contentato il babbo, guardava le sorelline con orgoglio, dall'alto della sua gloria. Finito il pranzo, tornò ad uscire in cerca di Vicenzino; ma quello strano ragazzo non si lasciò vedere, ed egli portò in giro per tutto il paese la sua riconoscenza, a rischio di farla raffreddare. Fu soltanto pochi giorni dopo che lo incontrò.
Il signor Dogliani tremava tutto come côlto da brividi, e non rispondeva, e Vicenzino, mortificato da quel silenzio, vedendosi respinto, fece per andarsene. Ma Vincenzo gli riprese il braccio, poi accostando il volto a quello del padre e parlandogli sommessamente, gli disse: Siamo amici da anni, e mi ha reso dei servigi....
Da quel giorno il nuovo Vincenzo Dogliani, quel personaggio di cui non si poteva parlare ad alta voce, e che aveva una storia, divenne, nella immaginazione de' suoi cugini, una specie di eroe da romanzo. Lo chiamavano Vicenzino per distinguerlo dal primo Vincenzo, ed appena questi tornava dalla scuola, le sorelline, curiose di qualsiasi informazioni sul cuginetto, domandavano: E Vicenzino?
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