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Aggiornato: 28 luglio 2025


Pagiolin sognava la tragedia della grande aquila di ferro e tela salvata dalla ferocia dei venti. Il quattro novembre al tramonto, sulla strada di Chiusaforte, nella mia blindata ferma prua che divideva il nerastro filosofico puzzolente fiume di prigionieri austriaci.

Discorrendo tra me dicea pian piano: I piú faran lo stesso, e m'ingannava. Dall'altre opinioni ero lontano, e quando le pallotte annoverava, ero tra venti, e cento aveano detto ch'io avevo mal pensato e mal eletto. E non avendo uman rispetto alcuno o fine d'interesse o di livore, credei d'esser almen tra novantuno, pensando col mio capo in sul migliore.

Ché , quanno che er mare s'è infuriato, Tramezzo a la battaja de li venti, Si lui te agguant

Ho scritto cento pagine sul Macchiavelli in venti giorni, ma d'allora non ho più toccato la penna. La primavera è tornata, sono ancora a letto. Mi hanno seppellito per tre volte la gamba entro una parete di gesso e mi hanno detto di restare calmo. Quando potrò alzarmi la debolezza sar

Venti minuti dopo, nella casa saccheggiata, tra un puzzo nauseante di carne bruciata, regnava un silenzio lugubre: lo rompeva di quando in quando un rantolo.

Le botteghe degli orefici cominciavano ad aprirsi. Entrai in una, dove ci stava un vecchino, che m'era sempre piaciuto per la sua aria di buono; gli feci vedere il braccialetto e lui me lo stimò venti lire. Glie lo detti subito, ed ebbi per soprappiù un medaglioncino d'argento per tenerci i capelli del mio marito. Tornai a casa con un bell'involto sotto il braccio.

Egli si stropicciò dieci, venti volte gli occhi per accertarsi che era sveglio, che non stravisava e dieci e venti volte si convinse che la donna che aveva dinanzi era proprio l'almea Fathma.

Orbene: se vi leggessi non le venti righe apparentemente oscene, con le quali si domanda la condanna di Marinetti, ma le duecento, trecento e più pagine con cui si può, si deve assolutamente domandare l'assoluzione, voi sentireste come questo piacere della complicazione, dell'insistenza, questo piacere, come lo aveva un altro, Alfonso Daudet, che guardava tutto da vicino, come lo ha un altro, Giovanni Pascoli, che sente il giardino, il fiorellino, il canterino, il rosmarino, il frin-frino, finchè si fa cogliere dal Guerin Meschino... ebbene: se vi dicessi tutto questo, voi sentireste che non è la compiacenza isolata, non è il vizio, non è il desiderio di complicare l'immagine lussuriosa proprio quando si capita all'immagine lussuriosa, ma è l'evidenza pittorica, è la complicazione dello spirito, è il delirio ispirato, è la sua natura d'artista.

Sotto ciascuna uscivan due grand’ ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’ io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s’aggelava. Con sei occhi piangëa, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.

Lo tirò giù venti giorni, che per un'opera simigliante erano forse gi

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