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Aggiornato: 21 giugno 2025
Garibaldi riunì la sua piccola brigata il 4 maggio, dalle 6 alle 8 di sera, in piazza del Popolo; era composta in tutto di duemila duecento uomini, la passò in rivista, ed uscito tacitamente da Porta del Popolo, s'incamminò per Ponte Molle, facendo le viste di marciare a Palo; poi voltò a un tratto per la Prenestina, e dopo una marcia notturna pei Monti Tiburtini faticosissima, ma silenziosa ed ordinata, arrivò all'indomani a Tivoli dove si accampò sulle sponde dell'Aniene, occupando cogli avamposti il ponte Lucano a circa sei chilometri sotto Tivoli.
Di ripicco Garibaldi il 31 ottobre da Monterotondo invitava i generali Nicotera e Acerbi a riunirsi al colonnello Pianciani in Tivoli, che dominando Roma e avendo alle spalle le aspre e sicure montagne della Sabina doveva diventare la base e il centro delle nostre operazioni, e risaputo l'intervento francese e dei soldati italiani gridò il 1º novembre in un fiero proclama: «Se però fatti infami, continuazione della vigliacca Convenzione del settembre, spingessero il gesuitismo di una sudicia consorteria a farci mettere giù le armi in obbedienza agli ordini del Due Dicembre, allora ricorderò al mondo che, qui, io solo generale romano con pieni poteri, dal solo governo legale, della repubblica romana, eletto con suffragio universale, ho il diritto di mantenermi armato in questo territorio di mia giurisdizione.»
Garibaldi non se ne dava apparente pensiero, e tranquillo come un eroe d'Ossian passava quasi intiera la giornata sul belvedere della robusta torre di palazzo Piombino, dove tacito e con insistenza da metter pena fissava verso Roma la meravigliosa cupola di Michelangelo per torcer poi gli sguardi leonini in giro sul classico Tivoli e sulla plaga ondulata fra il Tevere e l'Aniene.
I miei personaggi da Tivoli seguitando la via Valeria si ridussero a Vicovaro, ove a cagione del caldo grande e della via malagevole ebbero a soffermarsi, e con quanto cruccio del Conte Cènci non è da dire, il quale invano tentò di spingersi innanzi. I cavalli trafelati non obbedivano a frusta nè a sprone.
Ora nulla più impediva che, dove queste si ritiravano, le schiere garibaldine avanzassero; che, il 28, Nicotera occupasse Frosinone e, il giorno seguente, Velletri; che Acerbi rientrasse in Viterbo; che Antinori, Pianciani e Orsini entrassero in Palestrina, Subiaco e Tivoli, dove si costituivano dei governi provvisori.
«Avanti!» esclamava il bellicoso concittadino di Nullo, cui il pericolo aumentava l'ardire. «Avanti!» ed ordinava di suonare la carica all'ordinanza sua, che a Tivoli s'era fornita d'una tromba dei zuavi pontifichaux, e nel gridare «avanti!» il nostro P..., colla sciabola alla mano, lanciossi sui cacciatori che sembravano voler difendere il ponte, ma che fuggirono all'avvicinarsi del nembo.
La sorpresa dei volontari, ai quali venne assai tardiva la notizia dell'avvicinarsi del nemico, e che si trovavano in marcia per Tivoli, fu grande. Essi non sapevano nemmeno dell'esistenza di truppe francesi nei dintorni. Il combattimento s'impegnò con uguale furore delle due parti.
Se il generale Orsini, succeduto a Nicotera, fosse salito da Frosinone e Velletri, se Acerbi fosse sceso dalla eterna Viterbo, e se i colonnelli Paggi e Pianciani fossero calati giù al tuono del cannone da Palombara e Tivoli, serrando alle spalle e ai fianchi i protettori del Vaticano, il generale Failly avrebbe egli potuto decantare le meraviglie dei chassepots?
Parola Del Giorno
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