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Aggiornato: 7 settembre 2025
Nè ciò soltanto affligge le due anime buone; all'occhio della loro tenerezza non è sfuggito che Donato, nei tre giorni passati in villa, fu inquieto più del solito.
Sei insoffribile! seguitava la signora Giulia tentando indarno d'ingrossare la voce, vinta dalla tenerezza orgogliosa delle mamme davanti alla monelleria di quel bimbo grasso e ricciuto, così poco spaventato dalla sua aria, che si accostava tendendole una falda dell'abitino azzurro tutto impolverato: Puliscimi, puliscimi.
Quanto sei caro! esclamò Lavinia sorridendo e guardandolo con due occhioni colmi di tenerezza.
Le sue braccia si tendono in un gesto irresistibile. Mortella. No, mamma, non bisogna. Costanza. Non bisogna? Mortella. Ho pensato contro di te. Costanza. Mi rinneghi? Mortella. Oh, compiangimi. Non so, non so più. Soffro. Costanza. Non voglio più che tu soffra. Non ho che tenerezza per te. Son qui per riaverti. Mortella. Tutto di te mi fa male. Costanza. O povera, povera!
Il Lautrec si volse a tali parole.... guardò dal capo alle piante il Palavicino.... per un istante fuggevolissimo sentì per colui una sensazione quasi di simpatia, di gratitudine, di tenerezza.... Fu un lampo però... e l'odio tornò colla solita insistenza. Disse poi: Scrivete dunque! Il Palavicino scrisse la seguente lettera: "Caro conte!
Desidera conoscere il mondo, prender parte alla vita che le è intorno.... Certo, di tutto ciò non sarebbe nulla, presso noi; forse non ci cureremmo di lei, e non potremmo occuparcene con la tenerezza che avevo io sola, quand'ero libera.... Ella prevede questo, e la logica fredda non vale, non ha forza alcuna contro i suoi sogni.... Ma così? domandò il Lascaris, inquieto. Ti sei lasciata vincere?
Ti avevo giudicato male, ma vedo che non vuoi affliggermi. Ti ringrazio di questa buona nuova. Vincenzo mise la sua mano in quella del babbo, e scoppiò in un pianto dirotto. Era il rimorso, ridestato dalla tenerezza di quelle parole, che lo faceva piangere.
Egli concludeva la sua meditazione con questa frase desolata, e la concludeva così freddamente, apaticamente come tutto ciò non dovesse per nulla riguardarlo. Una freddezza, quasi ostile, contro Fulvia, sottentrava a poco a poco alla infinita tenerezza di prima.
Solo alle frutta, quando don Vincenzo, dopo d'essersi lasciato scappare il primo rutto, la fissò con una tenerezza da ciuschero, facendole scorrere la tabacchiera di sotto alla salvietta, miss Dill, rabbonita, gli sorrise clemente, sentendosi tutta rinvenire, come un gambo d'insalata dopo un'acquazzone d'estate.
POLISENA. Vorrei dir molto delle sue buone qualitá che voi non sapete; ma le lacrime di tenerezza non me lo lasciano esprimere. EUFRANONE. Va' e poni lei e la casa in ordine. POLISENA. E con che la ponemo in ordine? EUFRANONE. Ecco genti cariche di robbe. Ho per fermo che le mandi don Ignazio: conosco il suo cameriero.
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