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Aggiornato: 17 luglio 2025
E una nube di mestizia velava il cielo dove suonavano, queste parole: «Chi resta ora a combattere l’empiet
E dopo tante cure, tanti affanni, qual frutto? Domandatelo a quei tanti artisti di merito, che da molti anni se ne vanno pel mondo con un violino o con un piffero... La domenica fatale era giunta... Suonavano le nove del mattino, quand'io sentii bussare leggermente alla porta della mia celletta. Son io, disse il sagrestano avanzandosi con esitazione. Che vi ha di nuovo? Una disgrazia.
Suonavano le dieci ore dal campanile della cattedrale di Lima, quando in quella sala, dove due ore prima si accalcavano forse duecento persone, non restavo che io solo, fra Ambra e Ram
E diede di volta, piantando la povera vecchia; la quale stata un poco, come non sapesse più ritrovare la via, partì, un passo innanzi l'altro, colla mente a quelle parole, che le suonavano col sordo rumore d'un temporale vicino.
Le famiglie si radunavano per il cenone; accendevano l'albero del Natale; attendevano la mezzanotte, andavano forse in chiesa e passavano l'indomani in letizia: il pranzo di famiglia, forse la visita a qualche presepio; le campane suonavano, sostava il lavoro, le fabbriche erano chiuse, la gente girava per le vie colla letizia sul volto; dovunque entusiasmo, dovunque allegria, perchè era Natale, era Natale.
Si diffuse per tutto il campo la gioja e su ogni bocca suonavano i nomi di Girani e della Marcellina, e per ognuno si applaudiva al novello coraggio di lei che salvò allo sposo la vita. Tutti s'affollavano intorno al racquistato amico ed era loro grazioso parlargli, e chi ne era impedito si studiava manifestargli colla mano i sensi ascosi, chi il confortava nella vista alla letizia, chi vel richiamava con improvvise grida di tripudio che ad abbondanza usciano dai petti, e sfavillava sul volto di tutti sì verace la gioja, che Girani sovente a tanta amicizia commosso, stretto soavemente fra l'altrui braccia era sforzato a lagrimare, che è pur dolce in uman cuore la volutt
Vagarono, ora bisbiglianti ed ora silenziosi, nella soave armonia delle commozioni e dei pensieri, sotto ai boschetti e sui prati di quell’incantevole giardino fino che udirono le campane dei villaggi vicini che suonavano il mezzogiorno. Era l’ora destinata al pranzo di famiglia coi parenti, e pochi amici.
Il dabbene uomo queste proposizioni favellava singhiozzando, e il notaro per filo e per segno le ripeteva a Marzio; cerziorandolo inoltre, che tortura definitiva significava applicarlo ai tormenti usque ad necem; le quali parole latine, in lingua volgare suonavano fino alla morte. Marzio anche a questo assentì col capo, perchè ormai la lingua ingrossata gl'impediva la favella.
Per Dio, non sapevano parlar d'altro che di Garibaldi, in quei giorni! .... Foscarini fu puntuale: suonavano le quattro e mezzo, ch'egli entrava da Menico. Lo trovò tutto vestito di nero, come un notaio. Andiamo? Andiamo. Ma è proprio vero che il peggior passo è quello dell'uscio!...
«Aspetto e confido». Le tre parole l'avevano scossa e ridestata. Suonavano come una fanfara nel suo cuore. Ahimè! egli aveva aspettato e confidato invano. Ella non aveva mai scritto un altro libro. Ed ora i severi occhi non leggerebbero più nulla. E il grande cuore non aspettava più.
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