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Aggiornato: 7 giugno 2025


T orsi la fronte, ed ecco for d'un bosco I o vidi una dongiella scapigliata V enir fuggendo, ed ha chi l'urta ed ange S empre battendo lei con aspra fune. S tetti prima qual sasso; ma dapoi, Q uando comprendo il viso di Galanta, V olgo le spalle piú d'un strale in fretta A Fúlica per trarla for d'affanni. R ompeva la meschina l'aere intorno C on alte strida e suon di petto e mani.

E ’l duca disse a me: «Più non si desta di qua dal suon de l’angelica tromba, quando verr

68 Non rumor di tamburi o suon di trombe furon principio all'amoroso assalto, ma baci ch'imitavan le colombe, davan segno or di gire, or di fare alto. Usammo altr'arme che saette o frombe. Io senza scale in su la rocca salto e lo stendardo piantovi di botto, e la nimica mia mi caccio sotto.

Crudel superbo e riputato avaro fu Polinesso, iniquo e fraudolente; che ad alcun miracolo non fia che l'inganno da lui tramato sia. 88 Sta Polinesso con la faccia mesta, col cor tremante e con pallida guancia; e al terzo suon mette la lancia in resta.

Sol si ritorni per la folle strada: pruovi, se sa; che' tu qui rimarrai che li ha' iscorta si` buia contrada>>. Pensa, lettor, se io mi sconfortai nel suon de le parole maladette, che' non credetti ritornarci mai. <<O caro duca mio, che piu` di sette volte m'hai sicurta` renduta e tratto d'alto periglio che 'ncontra mi stette,

dinanzi a noi, tal quale un foco acceso, ci si l’aere sotto i verdi rami; e ’l dolce suon per canti era gi

Mesta, pensosa, i rai Al suol la bella affisse, E sospirando disse: «Crudo è il tuo fato inver! «Pure il mio cor giammai «Non fia che muti tempre, «Giuro di amarti sempre, «Ma sposerò un droghierD'Erminia la casetta Presso la mia sorgea; All'alba ella schiudea Le imposte del veron. Sempre alla sua stanzetta Era il mio sguardo fiso, Sognavo il paradiso Della sua voce al suon.

"Da una terra di sogni, ove non giunge "Che il sospir delle madri, a te ritorno, "Madre egli dice. Ivi l'eterno ulivo "Della pace frondeggia e a te un germoglio "Ne reco intesto a una stillante lama "Prendi, mia cara, e nella sacra terra "De' padri miei la morbida radice "Spargi ed il pianto delle oneste donne "Le sia ruscello. A seminar l'ulivo "Ti porgo il ferro della fredda lama, "Che penetrò quest'ossa e vi si ruppe. "Ove del bianco ramo esce in tenera "Ombra, rinasce il suon delle canzoni, "Danzano i cuori, il negro sen la terra "Schiude al tesoro del crescente pane, "Ritorna il lento faticoso ardire "Del ben oprare, che il furor di pochi "Sgomina spesso e il vaniloquio assorda: "Dell'umano alvear vola il ronzio "Lieto, frequente, a sparger la dolcezza "Che il sacro fiore della vita emana. "Olio stilla il bel ramo e il lume scende "Dalle lampade ai libri, ai miti altari, "Alle nebbie dei secoli. Di questo "Amabile arboscel sparsa la via "Fu di Cristo quel che al mondo sparse "La nuova legge, ah non compiuta, e invano "Scritta nel libro, o sacerdoti, e in oro "Scolpita invan nelle marmoree imposte, "Se vivente non sia legge dei cuori. "A voi madri, a voi spose, a voi sorelle, "Serbato è il seminar questa di pace "Viva radice all'ombra dell'amore, "Che per voi crescer

Nella clessidra cadea la polvere, E intorno, intorno con suon monotono, Sotto le arcate fosche, Ronzavano le mosche. Alfin lo stile sovra la tavola L'acuta punta venne a configgere, E con note indefesse Questo cantico impresse: "Perchè mi manca nel pensier la vita? "Perchè come una spugna inaridita "Mi sta il cervel nel cranio? "Perchè la luce mi niega i colori?

E cosi è dolce, che simil dolcezza non porge a me 'l belar de le mie gregge, soave è 'l suon de le mie canne.

Parola Del Giorno

emiliano

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