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Aggiornato: 21 giugno 2025
Girò irrequieto su e giù nella stanza da studio, tormentato dai suoi antichi sogni, il cui ricordo, strana cosa, non lo abbandonava. Aprì due volte lo stipo e lo rinchiuse. La vista delle bombe non gli faceva più piacere. Una voce interna lo rimproverava: Tu fai contro la luce. Ed egli sentiva, che la voce non aveva tutti i torti. L'anarchia? L'unica tavola di salvezza. Gettare la bomba?
Trasse fuori non so che lettere, le trascorse, le rilesse; si pose a scrivere lentamente; spolverò, ripiegò, suggellò il foglio, poi l'allogò a parte in uno stipo dello scrittojo. Passò quasi mezz'ora; e l'animo di Celso, quantunque oppresso e travagliato, non aveva saputo formar un pensiero di collera o di amarezza contro colui ch'egli riguardava ancora come il suo benefattore.
La signora si mosse di scatto, si accostò allo stipo, fece l'atto di aprire il cassetto, e lo trasse fuori tutto. Allora molte persone videro la collana, che era stata gettata dietro al cassetto, spinta verso la parete estrema del mobile. L'abate allungò il braccio, prese la collana, e la porse alla principessa.
Vicino alla finestra, era uno scrittoio con qualche libro di sopra. A lato, un piccolo stipo incrostato di tartaruga. Dietro, un divano molto comodo, in velluto, ed un seggiolone innanzi lo scrittoio, stemmato a corona. L'uomo dal Toson d'oro andò a sdraiarsi sul divano ed indicò al gesuita di tirare il campanello. Questi toccò un bottone e restò impiedi.
La povera donna fu lì lì per corrergli addosso e strappargliela di mano, ma si trattenne, vedendo che il giovine rinchiudeva l'astuccio, collocava questo di nuovo nello stipo, ne ritirava la chiave, mormorando qualche parola secondo l'abitudine che aveva preso di parlare con sè stesso, quando sapeva di esser solo, quasi per un bisogno di ritrovare nel buio la sua personalit
Il principe, che avea trovato a caso una chiave, lasciata da Enrica, nella fretta, entro il cassettino di uno stipo, si doleva ora d'avere spinto sì oltre le sue ricerche. Come pensava questa donna ha potuto accumular tante infamie?... Ero ben più felice quando io ignorava tutto.... Non avrei creduto ciò mai possibile....
La principessa si rallegrava tutte le volte che vedea la sua giovane amica. Diana non perdea d'occhio nè Enrica, nè il Venosa. Vide che questi avea all'occhiello alcuni fiori: gli stessi fiori che erano in un magnifico vaso, smaltato d'azzurro, su uno stipo nel salotto. Era facile argomentare che la principessa gli avesse donati a Adolfo.
E tu, che cosa fai? domandò il più giovane, mentre un grande colpo di tosse ne scuoteva lo scarno petto. Questo, disse l'altro e, alzatosi, avvicinò un elegante stipo di legno lucidato, dalle grosse borchie di bronzo giallo, caldo. Premette una suola ed aprì una porticina. L'altro vide alcuni ordigni di metallo giallo, piccolini, rotondi, lucidi. Quattro! mormorò.
Errato, può darsi, riprese Rosina con accento un poco più dolce; o, almeno, azzardato di troppo. Ed in che mai? In che? non vedi tu quella camelia rossa che spicca sul marmo dello stipo? La vedo: vi sta ella forse male? Non dico ciò, riprese Rosina, ma nessuno dee azzardarsi di adornare il mio segreto gabinetto senza mio permesso. Orsù chi ti ha dato quel fiore?
Poi, tutto a un tratto, ella si alzò e corse nella sua camera ove Concettella si era addormentata. Bambina la mandò a coricarsi e frugò nei tiratoi del suo stipo donde cavò fuori una scatoletta cui aprì. La scatoletta conteneva una quindicina di pillole di morfina, cui ella aveva fatto comprare per darsi ogni sera un poco di sonno e cui aveva conservate. La scatoletta scomparve nella sua tasca.
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