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Aggiornato: 4 maggio 2025
In una sala del palazzo ducale di Venezia, le cui pareti, tutte coperte di rasce nere, venivano debolmente rischiarate da una sola lampada a sei becchi pendente per tre catene dalla volta; una notte d'agosto del 13... stavano sedute intorno ad una gran tavola diciassette persone; dieci senatori, il doge e sei consiglieri. Era l'eccelso consiglio così detto dei Dieci, raccolto in sessione. Col
Poi, si tornò alla capitale, e l'onorevole Ariberti si sorbì un altro poco di vita parlamentare. Si era per fortuna agli sgoccioli, e, poco dopo, la sessione fu chiusa. Cominciate le vacanze, nè la marchesa parlò di andare da capo nelle Langhe, nè egli si pigliò la briga di accennarvi, nemmeno alla lontana.
La cennata discussione della Regia Commissione sui contratti agrari e l'accoglienza fatta negli Uffici al disegno di legge Crispi lasciano poche illusioni sulla sorte dello stesso progetto qualora venisse ripresentato nella futura sessione: per farlo accettare dal Parlamento occorrerebbe una forte, direi quasi, minacciosa pressione della pubblica opinione e un ministero energico che sapesse rendersene interprete.
Non appena il Barbarigo ebbe messo il piede nella sala del consiglio, chiamò i colleghi; e lor disse: «Messeri, stanotte c'è necessario raccoglierci in sessione. Un affare d'importanza, della più grave importanza, ci resta a trattare; vi dirò tutto in breve: mandiamo intanto il fante del consiglio ad avvisare i nostri colleghi di venir qui sull'istante.»
Quando una sessione, una discussione era finita, mentre i suoi colleghi si alzavano in fretta, e apparivano sodisfatti di andarsene, egli diventava cupo, attristato; l'idea di dover tornare a casa, delle accoglienze, che gli avrebbe fatto la rozza e irosa Megera, il suo carnefice in gonnella di rigatino, lo atterriva. Era lungo lungo, secco, calvo, con un naso sperticato, di larghe narici.
La sessione essendo presso al suo sciogliersi, si dovevano leggere i processi stesi in quella sera; la qual cosa venne fatta da uno dei consiglieri del doge. Dopo si passò alla lettura delle sentenze di prigionia e di morte; in ultimo alle sottoscrizioni. Quando ad un orologio a campana suonarono due ore di notte, tutti si alzarono e uscirono l'un dopo l'altro.
Eh sicuro confermò l'assistente; un discorso magistrale. Il suo e il mio ripigliò Varedo serbate sempre le debite proporzioni, furono i due maggiori successi di questo scorcio di sessione... Ah, era un pezzo che non si sentiva alla Camera un discorso come quello di San Giustino, così organico, così ricco d'idee e di soda eloquenza. Di dov'è San Giustino? domandò Diana.
Al Parlamento egli combatte da bersagliere. È la sua parte. Per il momento, egli sta sul broncio. Nella sessione passata non parlò che due volte, e male ciò che avviene sempre quando la collera fa velo all'intelletto. Non vota mai. Fa dello spirito con i vicini, e lancia dei bei motti per sotto, non per sopra il mio banco. Fortunato il suo vicino che può raccoglierli!
«Terminata la sessione, scrive Agostino Ademollo¹ i giudici si ritiravano in segreto e quindi davano la sentenza a pluralit
Cairoli ha preso posto nell'estrema sinistra e vota alzando la sua gruccia. Si è dimesso e non tocca soldo. Ha parlato una volta ed è stato lo più splendido discorso che abbia udito la Camera nella sessione attuale. È vero che parlava per gli esuli veneziani che domandano di essere italiani! Io tacerò degli altri, perchè sarebbe troppo lungo nominarli tutti.
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