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LAMPRIDIO. Non mi quadra, mi batte l'occhio dritto; e mi fu referito nel viaggio che si maritava con non so chi capitano suo vicino. GIULIO. Io non so nulla di ciò: questa è la casa del capitano che dite, e questi che viene è suo servidore; volete che gli ne dimandi? Non rispondete? volgete l'animo a me. LAMPRIDIO. Non l'ho meco. GIULIO. Richiamalo a te.

ALESSIO. Per Tofano, mio servidore, che vi conosce; o ne cercará altre in presto. Attendete all'altre cose da farsi, che subito partito mio padre, le manderò; sol fate che non vi abbi a cercare. PANURGO. Io abito qui presso: fate solo che compaia qui, che sará veduto. ALESSIO. Cosí farassi.

In matrimonio: il Tedesco è padrone; l’Inglese servidore; il Francese buon compagno; l’Italiano carceriere; lo Spagnuolo tiranno. Le donne: in Germania fanno risparmiare, ma sono fredde; in Inghilterra sono regine e libertine; in Francia dame e lascive; in Italia prigioniere e cattive; in Spagna schiave et amorose....

Egli l'ha facto libero, come signore, tollendoli la servitudine de l'amore proprio; ché dove è il fuoco della mia caritá non vi può essere l'acqua di questo amore, che spegne questo dolce fuoco ne l'anima. Questo servidore dello Spirito sancto, che io l'ho dato per mia providenzia, la veste, nutrica e inebbria di dolcezza e dálle somma ricchezza.

Lo Spirito sancto gli serve, cioè l'affecto della mia caritá, la quale caritá lo' ministra e' doni e le grazie. Questo dolce servidore porta e arreca: arreca a me i penosi e dolci ed amorosi desidèri, e porta a loro el fructo della divina caritá delle loro fadighe ne l'anime loro, gustando e notricandosi della dolcezza della mia caritá.

Quale ora questa si fosse, niuno il sa; ma, o conformitá di complessioni o di costumi o speziale influenzia del cielo che in ciò operasse, o, come noi per esperienza veggiamo nelle feste, per la dolcezza de' suoni, per la generale allegrezza, per la dilicatezza de' cibi e de' vini, gli animi eziandio degli uomini maturi, non che de' giovinetti, ampliarsi e divenire atti a poter essere leggiermente presi da qualunque cosa che piace; è certo questo esserne divenuto, cioè Dante nella sua pargoletta etá fatto d'amore ferventissimo servidore.

ATTILIO. M'hai servito altre volte con molta prontezza; e or, piú che mai bisognoso del tuo aiuto, vengo con la medesima confidenza a pregarti che adopri tutto il tuo sapere e ci metti tutto il tuo studio. TRINCA. Il padron amorevole e grato fa sollecito il servidore. ATTILIO. Servimi, ché ti darò un paio di calze. TRINCA. Un paio di calci piú tosto.

FLAMMINIO. Va' adesso: e, caso che ancor fusse in casa d'Isabella, aspettalo fin che gli esca e fallo poi venir subito. CRIVELLO. Oh! Che saprò io se v'è o se non v'è? volete forse ch'io ne domandi alla casa di lei? FLAMMINIO. Mira che asino! Parti che cotesto stesse bene? Credelo a me ch'io non ho servidore in casa che vaglia un pane altro che Fabio.

«Tu se' lo mio maestro». Qui con reverirlo vuol muover Virgilio chiamandolo «maestro», «e 'l mio autore». In altra parte si legge «signore», e credo che stia altresí bene; percioché qui, umiliandosi, vuol pretendere il signore dovere ne' bisogni il suo servidore aiutare. «Tu se' solo colui da cui io tolsi», cioè presi, «il bello stilo», del trattato, e massimamente dello 'Nferno, «che m'ha fatto onore», cioè fará.

In lei crebbe il pianto e il desiderio: e in lui, quando venne ad offerire il calice, crebbe lo stimolo della coscienzia, costrecto dal servidore dello Spirito sancto che provedeva a quella anima. E come provedeva e lavorava in quel cuore dentro, cosí el mostroe di fuore, dicendo a quel che 'l serviva: Dimanda se ella si vuole comunicare, ché Io lel darò volontieri.