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Aggiornato: 6 giugno 2025


Fra i miei appunti di quella mattina ne trovo uno che dice laconicamente: Cavallette. Saggio d'eloquenza di Selam. Mi ricordo, infatti, d'aver visto un campo che da lontano pareva che si movesse, e quest'apparenza era prodotta da un grandissimo numero di cavallette verdi che s'avanzavano saltellando verso di noi. Selam, che in quel momento cavalcava al mio fianco, mi fece una descrizione ammirabilmente pittoresca delle invasioni di quegl'insetti formidabili, ed io la ricordo ancora parola per parola; ma come rendere l'effetto del suo gesto, del suo sguardo, della sua voce, che esprimevano assai più delle parole? È uno spavento, signore! Vengon di l

Selam era un gran personaggio. Veramente due dei soldati della Legazione portavano questo nome, tutti e due addetti al servizio particolare dell'Ambasciatore; ma come dicendo Napoleone, se non s'aggiunge altro, s'intende Napoleone primo, così fra noi, in viaggio, dicendo Selam intendevamo dir quello solo. Come l'ho sempre vivo dinanzi agli occhi! Lui, Mohammed lo sposo, e l'Imperatore, sono veramente per me le tre figure più simpatiche ch'io abbia viste nel Marocco. Era un giovane bello, forte, svelto e pieno d'ingegno. Capiva tutto a volo, faceva tutto in furia, camminava a salti, parlava a sguardi, era in moto dalla mattina alla sera. Per i bagagli, per le tende, per la cucina, per i cavalli, tutti si rivolgevano a lui; egli sapeva tutto e rispondeva a tutti. Parlava mediocremente lo spagnuolo e sapeva qualche parola d'italiano; ma si sarebbe fatto capir anche coll'arabo, tanto la sua mimica era pittoresca e parlante. Per indicare una collina faceva il gesto d'un colonnello focoso che accenni al suo reggimento una batteria da assalire. Per fare un rimprovero a un servo, gli si precipitava addosso come se l'avesse voluto annientare. Mi rammentava ogni momento Tommaso Salvini nelle parti d'Orosmane e d'Otello. In qualunque atteggiamento si mostrasse, da quando versava l'acqua fredda sulla schiena all'ambasciatore a quando ci passava accanto di galoppo, inchiodato sul suo cavallo castagno, presentava sempre una figura bella, elegante ed ardita. I pittori non si stancavan mai di guardarlo. Portava un caffettano scarlatto e i calzoncini azzurri: si riconosceva alla prima da un'estremit

Davanti alla porta dormiva Selam, disteso sulla sua cappa turchina, colla sciabola vicino al capo. Se lo sveglio, e non mi riconosce subito, pensai m'accoppa! Usiamo prudenza. M'avvicinai in punta di piedi e misi il capo dentro la tenda. La tenda era divisa in due parti da una ricca cortina: di qua serviva di sala da ricevimento, e v'era un tavolino con tappeto, carta, calamaio, e alcune poltrone dorate; di l

Al quindicesimo piatto riuscendo oltremodo difficile il proseguire la lotta senza il refrigerio d'un po' di vino, l'ambasciatore incaricò il Morteo di far domandare al Gran Vizir se non gli sarebbe spiaciuto che mandassimo a pigliare qualche bottiglia di Champagne. Il Morteo parlò nell'orecchio a Selam e Selam ripetè la domanda nell'orecchio a Sua Eccellenza.

E bisognava vedere con che espressione di sacro rispetto, Selam, Alì, Civo, e tutti gli altri servi arabi guardavano quei personaggi, che dopo il Sultano rappresentavano per loro il più alto grado di scienza, di potenza e di gloria, a cui si possa pervenire sulla terra! Finite le visite, si pigliò possesso del palazzo.

La discussione durava da un pezzo, e pareva che non dovesse più finire, quando l'Ambasciatore la troncò con una risoluzione che fu accettata di buon grado dalle due parti. Chiamò Selam, che comparve sull'istante coi suoi grandi occhi neri spalancati, e gli ordinò di saltare a cavallo e andare di galoppo al villaggio dell'arabo, distante un'ora e mezzo da Alkazar, a chiedere informazioni agli abitanti intorno alle persone ed ai fatti. Il nero pensava: Hanno paura di me: o mi sosterranno o non diran nulla. L'arabo pensava invece, e con più ragione, che interrogati da un soldato d'un'Ambasciata, avrebbero avuto maggior coraggio di dire la verit

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