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Aggiornato: 2 maggio 2025


Anzi, dite pure a Brigida che, o manzo o vitello o pollo che sia, aspetti me per mettere al fuoco. Vi farò, caro sindaco, un piatticello.... Allora ordinerò di uccidere un pollo. Un'anitra varrebbe meglio. Vada per l'anitra. Giovincellina.... se è possibile...... Faremo una scorpacciata, e poi vi dirò che razza di curato......

Il Marchesino chiamò, ordinò la cena, e in pochi tratti fu allestita la mensa, ed arrecate le vivande. Eglino vi si assisero d'intorno, obbligando cortesemente don Annibale a rimanerti seco loro. Gli agoni furono trovati saporitissimi, ed in ispecie dal Conte, che se ne fece una scorpacciata, e terminata la cena, s'assise di nuovo sul canapè a smaltirli addormentandosi profondamente.

Ma riparata appena la perdita di re Carlo, un'altra ne piombò sul governo di Napoli, non apposta come quella prima a cordoglio d'ambizione o fatiche di guerra. Allo scorcio di marzo, in Perugia, papa Martino, nimico fierissimo di Sicilia, morì, dicono alcuni, d'una scorpacciata d'anguille, che solea nudrir di latte e in vernaccia affogare: di che leggiadramente l'avea morso una satira del tempo , intitolata Primo principio de' mali, effigiando lui in manto e triregno, con una bandiera alla man destra, in segno delle attizzate guerre, e a sinistra un'anguilla ergentesi verso un augellino, che posato sulla mitra, reggendosi con le sparse ali s'inchinava a beccarla . Altri scrive, ben altramente di Martino . Ma i cardinali senza indugio, chè punto non ne pativano i tempi, rifean pontefice Giacomo de' Savelli, romano, non per anco sacerdote, attratto e invalido della persona, destro d'ingegno, procacciante l'util de' suoi più che l'altrui danno; il quale si nomò Onorio IV . Costui senza la prontezza ligia di Martino, tenne lo stesso metro, per l'antico disegno della romana corte. Avrebbe forse Onorio raffrenato il re di Napoli potente e ambizioso; dovea sostener adesso quel trono vacillante, che metteva in pericolo tutta la parte guelfa in Italia. Porse moneta dunque ad Artois ; confermò ai bisogni della guerra di Sicilia le decime delle chiese italiane ; raccomandò agli stranieri principi gli eredi di Carlo d'Angiò: e ne resta di lui una lettera a Ridolfo imperadore, perchè non contendesse il pagamento delle decime ecclesiastiche dei suoi dominî al re di Francia, gi

Finchè noi avremo la debolezza di solennizzare il Natale, magari soltanto con una scorpacciata, proveremo la nostra dipendenza da quelle idee, concorreremo a tenerle vive e faremo del nostro, acciocchè resti sempre desto il ricordo del fanciullo di Nazaret e di quello che esso significa. Non dovrei andare? No. Il giovane esitò un istante. Ho promesso, disse. Vile!

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