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Sergio non aveva solo lavorato, aveva altresì passate quasi tutte le sere nei saloni di Parigi, togliendo al sonno le ore cui destinava ai piaceri. Non lo si era mai visto più gaio, più galante, più felice con maggior vena, raccontar con più spirito e con più amplitudine. Lo si diceva innamorato di una principessa russa, la quale faceva mattezze per lui.

In una raccolta veneziana si legge: Chi vo veder tre roze in t'una rama, vada a la porta de la Casa Nova; che ghe xe tre putele co la mama, che le se chiama tre in t'una rama. In una raccolta napoletana: Russa la facce toa comu' na rosa.... quannu nascisti tu, rosa marina, fici gran festa lu suli e la luna.

Quando morì quattro anni or sono, lasciando centomila lire alla chiesa russa di Ginevra, i giornali di Odessa ne raccontarono la vita ed i miracoli. Lo sapevi? Ti avverto che fai proprio quello che occorre per indurmi ad andarci caso mai mi fosse rimasto qualche dubbio. Gi

Adele Cima si morsicò il labbro inferiore: poi domandò: Come si chiamava? Questa russa? Natalia. Che bel nome! Vi pare? Il mio è così brutto, non è vero? disse ella venendo a lui, con una espressione di malinconia che lo turbò. Adele? Ma Adele vale mille volte più di Natalia egli esclamò, volendo consolarla subito. Eh, no! diss'ella, tristemente è un brutto nome. A me piace immensamente, cara.

A Milano, dove Giuseppe Verdi, prima di divenir celebre col Nabucco, stette chiuso parecchi giorni nella propria camera per non possedere un soprabito decente; in quella stessa Milano, Giuseppe Rota, il Verdi della coreografia, per dare una tinta invernale a certi suoi calzoni di tela russa, dovette immergerli in un bagno di inchiostro, e attendere due giorni perchè si asciugassero, onde con quelli presentarsi alle prove di un suo primo ballo.

Non rimase a mani vuote neanche Lord Pepe; il quale sapeva, beato lui, comprendere il fascino slavo di tutte le nazioni. Quando una signorina russa nata nella pingue Ucráina balla con un giovine spagnuolo vestito a Picadilly, gli altri popoli della terra non devono far altro che radunarsi all’intorno e tacitamente guardare.

Passava tre ore ogni mattina allo specchio, e la cosa era risaputa da tutti. Si diceva qualche volta di lui: Oh Dio! Come è bello! Se non avesse quei pizzi biondi e quei baffettini, che cosa stupenda! Con quegli occhi azzurri, con quella tinta di cera vergine sul viso, si direbbe una donna, una bellissima donna, russa o svedese.

La sera stessa si trovarono riuniti in cucina, attorno all'allegra fiammata del caminone. Drollino ci andò pure un momento, prima di recarsi a letto. Nel crocchio si discutevano, naturalmente, gli ultimi avvenimenti di quella fortunosa villeggiatura. E la Russa? chiese a un tratto il paggetto. Il capo cuoco alzò una mano a livello del mento, e con una vivace smorfia soffiò rapidamente sul palmo.

Era d'autunno e a Venezia affluivano molti forestieri del Nord, diretti a Nizza, a Cannes, a Roma e a Napoli. Mercè le preghiere dell'Ubaldo, due altri cronisti parlarono del Rossetti e del suo ultimo quadro, che fu venduto davvero a una signora russa, e l'artista ottenne commissioni da altri forestieri.

E lei? gli domandò. Io sono qui da otto mesi, rispose il giovane. Sono guaritissimo, e torno a casa in maggio. La russa riaprì i cupi occhi infossati, ma non parlò. Va al ballo lei, questa sera? chiese il giovane a Edith dopo un momento di silenzio. Un ballo? qui? domandò Edith, sorpresa.