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Aggiornato: 2 maggio 2025
Rota voleva uscire dalla coreografia. Egli sentiva altamente la propria missione, nè poteva rassegnarsi all'esercizio di un'arte, la quale, a suo vedere, non presentava alcuna applicazione di utile sociale.
E sulla pratica di questi ripieghi i campioni fondavano il supremo segreto dell'arte, la ricetta che assicurava fortuna alla complicata coreografia del maneggio dell'armi. I principali movimenti con il fucile erano 34.
L'amico sentiva di possedere un ingegno superiore alla propria arte, un cuore creato per dell'espansioni più nobili che non fossero quelle della coreografia.
A Milano, dove Giuseppe Verdi, prima di divenir celebre col Nabucco, stette chiuso parecchi giorni nella propria camera per non possedere un soprabito decente; in quella stessa Milano, Giuseppe Rota, il Verdi della coreografia, per dare una tinta invernale a certi suoi calzoni di tela russa, dovette immergerli in un bagno di inchiostro, e attendere due giorni perchè si asciugassero, onde con quelli presentarsi alle prove di un suo primo ballo.
Rota, il principe della coreografia, il riformatore del dramma plastico, l'autore del Fallo, del Montecristo, della Cleopatra, dei Bianchi e Neri, della Contessa di Egmont, non aveva che un solo desiderio, una aspirazione imperiosa, irresistibile, quella di abbandonare il teatro, di rinunziare a quell'arte che gli aveva dato una gloria, che lo aveva posto sul cammino delle ricchezze.
Fu allora che egli fece il suo maggior quadro di Paolo e Francesca. La scena è bruna, è una stanza tappezzata di cordovano oscuro, senza ornamenti, senza galanterie di tavole scolpite o di finestre binate. Un lettuccio di velluto nero è in mezzo al quadro. Sul lettuccio distesa, morta, con la faccia bianca e sorridente, che fa macchia sul velluto nero, con le mani raggrinchiate, giace Francesca. Stramazzato a terra, bianco, morto, con le spalle appoggiate al lettuccio, con la testa vicina a quella di Francesca, è Paolo. Vi è sangue sulla veste di Francesca, sangue sul giustacuore di Paolo, una pozza di sangue per terra. Le due teste, ravvicinate, pare che si bacino ancora. Lanciotto non vi è, ma è dappertutto. Quell'assenza è di un effetto artistico eccezionale. Tutto è sobrio, tutto è severo, tutto è tragico, anche il bacio, specialmente il bacio. Nessuna mimica, nessuna coreografia. Aleggia nel quadro una fatalit
Si è occupato, con competenza, di tutto lo scibile umano. Di storia, di scienza, di letteratura, di invenzioni, di geografia, d'arte, di navigazione, di esplorazioni, di musica, di coreografia, di questioni agrarie, di strategia militare, di industria, di drammatica, di legislazione. Egli ha biografato mezzo mondo. Da Dante a Cimarosa, da Leonardo da Vinci a Cavour, a Cantù, a Crispi.
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