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Aggiornato: 24 giugno 2025


E se per disgrazia dirai nulla di ciò che ti ho detto a Gerasto, guai a te! il pezzo maggior sará l'orecchia. NARTICOFORO. Mi partirò adesso adesso. ESSANDRO. Verremo insino a Roma ad ucciderti: non so io che abiti vicino al Culiseo? NARTICOFORO. Non certo: alla Rotonda, . ESSANDRO. Cosí prometti, fa' che l'attendi, se non..., misero te!

Mi fermai un minuto, per accendere la sigaretta, e vidi che la donnetta tornava addietro, raccoglieva i cocci del fiasco, poi raggiungeva il bimbo e spariva verso la Rotonda. La sera appresso, quasi alla stessa ora, ripasso di e che trovo?

Il maestro di casa, dopo aver introdotto in una delle più eleganti camere dell'albergo la forestiera, le chiese se desiderava rifocillarsi senza uscire di stanza; ed essa rispose che volentieri sarebbe scesa alla tavola rotonda, non piacendole di pranzar sola.

Miracolosamente il Panteon resistè, quantunque da tanti secoli si fosse trovato assai spesso in così grande pericolo, cui edifici men solidi non avrebbero potuto resistere. Molte volte questa magnifica Rotonda d'Agrippa fu inondata a tale altezza, che si doveva andarvi per mezzo di barche, giungendo la piena fino all'altar maggiore.

Erano di poco trascorse le nove e fittissima era calata la notte sulla piazza quasi deserta della Rotonda. Sapete voi cos'è la Rotonda? Quella chiesuola ove ogni mattina poche donnicciuole vanno a far corona ad un pretuncolo per la maggior gloria di Dio? Ebbene la Rotonda è il Pantheon dell'antica Roma!

NARTICOFORO. Tu la creanza a me? il quale con publico stipendio lègo una lezione estraordinaria alla Rotonda di versi di Mancinello di costumi? Pensi che per esser qui forastiero non abbi in questa cittá alcun amico? o abbi la crumèna cosí vacua che non possa far pentirti del tuo stultiloquio?

Grazie! grazie! rispose ma mi pare che mia moglie cominci a diventare troppo prolissa. Si parlava di Salvini. L'ho veduto una volta, diceva Annibale. Nell'Otello? appunto nell'Ottello alla tavola rotonda, e poi alla sera in teatro.

Mentre pensavo queste cose, sparii davvero dal mondo, scendendo per una scala a chiocciola illuminata, che si sprofonda nella terra, sulla riva destra del Tamigi, di fronte alla Torre di Londra. Discesi, discesi, fra due pareti fosche, fin che mi trovai dinanzi all'apertura rotonda del gigantesco tubo di ferro, che ondeggia come un gran budello nel ventre enorme del fiume. L'interno di questo tubo si presenta come un corridoio sotterraneo, del quale non si vede la fine. È rischiarato da una fila di lumi a perdita d'occhio che mandano una luce velata, come lampade sepolcrali; vi è un'aria nebbiosa; vi si va per lunghi tratti senza incontrar nessuno; le pareti sgocciolano come i muri d'un acquedotto; l'intavolato si move sotto i piedi come il palco d'un bastimento; il passo e le voci della gente che viene incontro, mandano un suono cavernoso, e si sentono prima che la gente si veda; le persone, da lontano, paiono grandi ombre; v'è in fine non so che di misterioso che senza far paura mette in cuore una vaga inquietudine. Quando poi si è giunti nel mezzo, e non si vede più fondo di qua di l

Così pensava Laurenti, seduto su d'un seggiolone, coi gomiti appuntellati sull'orlo di una tavola rotonda che sorreggeva una gran lucerna di bronzo dorato. La lucerna era accesa, ma la luce, sebbene gli illuminasse la fronte, non gli rischiarava punto i pensieri. Questo è il problema! disse, e cangiò postura.

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