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Aggiornato: 14 giugno 2025
Io non ho altra che costei; e dandole un marito che sia stato innamorato di un'altra, non saria fra loro un contento giamai, però vi prego a dirmelo liberamente. EROTICO. Voi che mi sète padrone, potete comandarmi, non pregarmi. PARDO. Li vostri pari si pregano, non si comandano. EROTICO. Piú grazia ne ricevo quando mi comandate, che non è il servigio che vi servo.
EROTICO. Trinca, non potendoti or render premio condegno, ricevi almeno la mia confessione: che ricevo da te la vita e l'onore e quanto bene ho al mondo, e spero col tempo fartelo conoscere. ATTILIO. Trinca, questo serviggio ti porterá tanto utile, quanto serviggio che sia fatto a persona che faccia professione di conoscere i benefici. TRINCA. Fate che i fatti corrispondano alle parole.
Oh certamente! Io potrei uscir la mattina e tornar la sera, e Folco non mi domanderebbe dove sono stata.... Grande fiducia, grande stima, spiegò il signor Piero. E te la meriti! La contessa non volle ribattere. Vedete qua, ella soggiunse. Quando ricevo una lettera, la lascio sul tavolino, sulla sedia, dove il caso vuole. Non c'è pericolo che Folco ne guardi nemmeno la soprascritta.
Ma bada: questa non è precisamente la mia casa. Francesco Non me ne affliggo, purchè possa diventare, provvisoriamente, la casa mia. Ma, a proposito, non ti ho sempre scritto, indirizzando le lettere qui? Carlo Naturale. Io, qui, in questo grazioso bugigattolo, ricevo lettere, e ricevo... intendi? Francesco Intendo: è il tuo bureau... d’affari.
Sì bene, ser legato, vengo tosto. Però in avvenire non prendete sbaglio sulle parole. Io non ricevo comandi da chicchessia, fuori dell'imperatore, ed a Guiscardo sono alleato non vassallo. Vi dimando perdono allora, messer barone, se profferii motto che mal vi tornasse gradito.
Ricevo dalla Accademia di Brera dei biglietti di congratulazione per me spediti da Promis, Biondelli, Mongeri. Mi sento incoraggiato. Se potessi arrivare a quel posto! Ma coll'amore dell'arte non si fa carriera!
Io sono quasi sempre sola; non ricevo altre visite che quelle di andare qualche volta a teatro, per udire gli artisti, i colleghi, soggiunse ella sorridendo, che non hanno più la molestia di dover pensare alla prima rappresentazione. Se potessi offrirmi per vostro cavaliere... entrò a dire timidamente Ariberti. Ma voi, signora, avete compagnia migliore della mia. Che dite mai?
MANGONE. Io non ho desiato altro nella mia vita che un simile incontro: io accetto carissimamente la sua amicizia. Di costui vo' dar cinquanta scudi, se ben conosco che val piú, e quel piú lo ricevo in dono, accioché egli prenda medesimamente fiducia di servirsi di me, delle mie robbe e della mia vita.
ALESSANDRO. Allor ricevo fastidio e noia, quando non mi vien comandato da voi cosa alcuna, ch'è mio debito servirvi; venghiamo al tronco. PIRINO. Non so se sapete la mia disgrazia, che Mangone ruffiano ha venduto al dottore la mia Melitea. ALESSANDRO. Non n'ho inteso cosa alcuna, ché se n'avessi saputo un cenno non averei aspettato che me l'avessi domandato.
Sta seduta presso la cassa d’un alloro tagliato in forma di palla, e guarda a quando a quando il tramonto violaceo fumare sul giardino quadrato ove le mura bronzine dei carpini e dei tassi vanno sempre più annerandosi. Costanza. Ecco, da lui ricevo il condóno se sono in colpa. Non mi respinge; mi accetta, mi assolve.
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