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Se tu avessi tenuto reverente la faccia inclinata per adorare, non avresti veduto le colpe del tuo genitore, e non lo accuseresti: va in pace». E così favellando mi dimise dal suo cospetto.

Ai genitori dell'amato sposo Abbellì reverente i vecchi giorni, Però che ognor fu suo pensier pietoso Che da nostr'opre gloria al Signor torni, E da noi con amor religïoso La voce del vicin di rose s'orni, E dal Ciel maggiormente al dolce sesso Recar sollievo altrui venga commesso.

Quei l'alta donna reverente onora; Ed ella a lui, che le s'inchina avanti; Alcasto, il nostro Re dove dimora? E perchè quì tante querele e pianti? Il Capitan per la pietate allora Colma di più dolor voce e sembianti, Ed a Sultana la miseria indegna Con modo accorto palesar s'ingegna.

S'invola poscia il volator Divino, Qual sparisce per l'aure aureo baleno. Tende le palme, e reverente inchino Traeva gridi il cavalier dal seno: Qual celeste piet

Costoro si scansarono per lasciar largo il passo al calesse, e il gentiluomo alla vista di chi vi era dentro, diede un guizzo, arrossì, potè stare che passando oltre non si recasse la mano al cappello. Il frate salutò chinando la testa reverente.

Questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me; e cominciarsi a dir: <<Colui non par corpo fittizio>>; poi verso me, quanto potean farsi, certi si fero, sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi. <<O tu che vai, non per esser piu` tardo, ma forse reverente, a li altri dopo, rispondi a me che 'n sete e 'n foco ardo.

Questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me; e cominciarsi a dir: <<Colui non par corpo fittizio>>; poi verso me, quanto potean farsi, certi si fero, sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi. <<O tu che vai, non per esser piu` tardo, ma forse reverente, a li altri dopo, rispondi a me che 'n sete e 'n foco ardo.

Pero` va oltre: i' ti verro` a' panni; e poi rigiugnero` la mia masnada, che va piangendo i suoi etterni danni>>. I' non osava scender de la strada per andar par di lui; ma 'l capo chino tenea com'uom che reverente vada. El comincio`: <<Qual fortuna o destino anzi l'ultimo di` qua giu` ti mena? e chi e` questi che mostra 'l cammino?>>.

Questa fu la cagion che diede inizio loro a parlar di me; e cominciarsi a dir: «Colui non par corpo fittizio»; poi verso me, quanto potëan farsi, certi si fero, sempre con riguardo di non uscir dove non fosser arsi. «O tu che vai, non per esser più tardo, ma forse reverente, a li altri dopo, rispondi a me che ’n sete e ’n foco ardo.

Tutta questa scena ha per centro il Velino; esso ha la natura distesa reverente ai suoi piedi, come un tappeto; il lago, le rive ridenti, i campi palentini bagnati dal Salto. Dal monte maestoso si staccano delle alture, sulle quali sorgono le antiche rocche dei Marsi, rovinate e corrose dall'edera, intere cittadelle medioevali con chiese, conventi e castelli. A destra si erge, come un'isola verde, e un tempo emergeva dalle onde del Fucino un colle roccioso, sul quale si trova la favolosa Alba Marsorum, o Fucentia, con resti di mura ciclopiche e antichi templi. In essa condusse melanconica esistenza Perseo, re della Macedonia, cui toccò la sorte di Corradino! In questa lontana Alba egli si sar