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Aggiornato: 20 giugno 2025
Vi ho detto di sì; però vorrei serbare la montatura e mettervi altri diamanti.... falsi. Sta bene.... E io posso dar subito a V. E. lire centomila.... Ah? domandò Enrica, che si sentiva tolto un gran peso. Ma voi mi date troppo.... Io voglio che abbiate un guadagno, per parte mia, di cinque, sei mila lire....
No, non sono pazzo: sono infelice, giacchè lo studio accresce i miei dolori, mi crea sempre nuove speranze che diventano sempre nuove illusioni e poi sempre nuove delusioni, giacchè non posso essere egoista come i giovani ricchi e eleganti, giacchè, coll'anima mia d'amante e col mio cuore di poeta, non potrò fare mai una carriera seria, voglio provare a fare il bene colla mano, voglio entrare nella Congregazione di Carit
Perché, Fulvia?... le chiese. Perché è impossibile!... Impossibile, no. Tu parlerai... tu devi parlare. Io non posso rimanere sotto il peso di questo mistero... In nome di Dio, ti supplico di parlare.
Questo poi no! disse, con un bel sorriso, la baronessa Lanari. Quando parla lei, le signore non scappano; anzi! Probabilmente, perchè come tutti i vecchi ho sempre qualcosa di nuovo da raccontare. Infatti, un marito della specie del mio amico Bertagni è morto da un pezzo, e posso nominarlo senza riguardi non si trova a ogni piè sospinto.
Vi bacio le mani; e perché io non posso baciarvi le mani, vi cerco un favore. EUGENIO. Eccomi prontissimo a servirvi. ARTEMISIA. Che mi doniate i vostri guanti; ché baciando quelli mi parrá di baciare le vostre mani, e vestendone le mie mani parrammi che tenga strette le vostre mani.
Rispose di non conoscerne. «C'è un castello in mezzo ai boschi,» soggiunse, «ma io credo che non vi si riceve nessuno, e non posso insegnarvene la strada essendo quasi io stesso forestiero.»
Quanto ai miei debiti, se ti paion pochi, non posso inventarne degli altri per farti piacere. Eh, eh! signorino! Non le pare che ce ne sia abbastanza? La signora Maddalena, a poco a poco riprendeva il sopravvento sulla madre.
La supplico tanto, signorina! Non mi lasci solo. Ha poco, sa, da portar pazienza per me. Ha pochi giorni ancora da sopportarmi. Vado! Me ne vado! Torno a casa mia! Appena posso muovermi, vado via subito, subito, subito! E nella voce, nell'accento, nell'angoscia del Laner vi era tutto il rimpianto, tutto lo strazio del suo grande amore, del suo immenso amore. Evelina non rispose.
L'altra avea la corata tenerina, e sapea ben che Amore era possente; donde, commossa, scorda la dottrina, comincia a lagrimar dirottamente, e quando il singhiozzar le permettea: Convien lasciar... convien lasciar... dicea. Marfisa sempre va crescendo il pianto, dicendo: Io non lo posso, ché son morta. Intenerisce l'altra, che altrettanto apre a un ruscel di lagrime la porta.
Sei curioso, eh? Ci ho gusto. Oh bella! perchè non avrei anch'io i miei affari.... come li hai tu?... Perchè.... ripetè Giuliano perchè?... Via, via, non far quegli occhiacci. Sai pure che di affari, propriamente detti, non posso sentir a parlare per cinque minuti consecutivi, senza addormentarmi.
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