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Aggiornato: 18 maggio 2025
Abbassa il capo col riso scipito, col collo torto e co' denti ristretti: sol rispondea: Vi sarò buon marito: ogni cosa andrá bene, e fia bellissima, quand'ella fia piacer vostro, illustrissima. Sappi, lettor, che Terigi al lasciarla sentí strapparsi il cor dalla corata. Impossibil gli par di meritarla. Con inchin parte, e sospira e la guata.
Venerdì 30. Larghe vallate con moltissima vegetazione: ficus giganteschi, sempre le eleganti acacie, tornano gli alberi di gardenie. Scorgiamo il lago vastissimo, con qualche isola, attraversiamo fittissime boscaglie, e poco dopo mezzogiorno ci si presenta Corata, la capitale, per così dire, del lago Tzana. Essendo questa una citt
Le ossa stritolandosi stridono: schizzano dintorno sangue, lacerti di carne, e frantumi di costole: poi il boia si curva, e gli pone sotto il collo la mazza, sopra la fronte un piede, sopra il seno un ginocchio, e gli sbarra la pancia, dove, tuffando il braccio fino al gomito, lo ritrae imbrattato di sangue, con le viscere fumanti del giustiziato in mano, le quali mostrò al popolo urlando: Questa è la corata di Giacomo Cènci.
e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse, d'aequar sarebbe nulla il modo de la nona bolgia sozzo. Gia` veggia, per mezzul perdere o lulla, com'io vidi un, cosi` non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e 'l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia.
L'altra avea la corata tenerina, e sapea ben che Amore era possente; donde, commossa, scorda la dottrina, comincia a lagrimar dirottamente, e quando il singhiozzar le permettea: Convien lasciar... convien lasciar... dicea. Marfisa sempre va crescendo il pianto, dicendo: Io non lo posso, ché son morta. Intenerisce l'altra, che altrettanto apre a un ruscel di lagrime la porta.
e qual forato suo membro e qual mozzo mostrasse, d'aequar sarebbe nulla il modo de la nona bolgia sozzo. Gia` veggia, per mezzul perdere o lulla, com'io vidi un, cosi` non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e 'l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia.
O Satenasso, perché mi legghi sí le mani e i piedi? Lasciami, priego, ritornare a casa, ché non sono ancor morto. E ti prometto di mutar vita ed andare in un bosco a mangiar l'erba e farmi un uomo santo. Oimè! che la corata mi si schianta di doglia; ché giá sento, in fin di qui, rompere i miei cascioni che i vicini denno rubbarmi.
Parola Del Giorno
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