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Nella letterina accompagnatoria la contessina Polony diceva: «Caro Cresti, mi dicono che stamattina io ho pronunciato parole dure e scortesi contro il migliore de' miei amici: e devo pur credere, perchè non posso dubitare de' testimoni. Ma io non ho coscienza di nulla, glielo giuro, mio buon amico. Quando mi hanno richiamata ai sensi, tornai in me stessa come chi si sveglia da un sogno grave e fastidioso, di cui conserva l'impressione e lo spavento, ma non ricorda più i particolari. Flora, sveglia nella sua coscienza, non avrebbe mai osato dire una parola cattiva al suo buon Cresti, all'amico di casa, al benefattore, proprio in un momento in cui stava scrivendo la lettera che chiudo in questa. Non è tutta la risposta che le dovevo e non trovo opportuno questo momento per darla: forse nemmeno lei la vorrebbe da me in queste condizioni: ma glie la mando come un documento per dimostrarle, mio tenero amico, che se una parola cattiva è uscita da questa bocca, non è Flora che l'ha detta, ma una febbre o una suggestione misteriosa, che mi tolse ogni responsabilit

L'orgoglio del suo sangue rifiutavasi a bassi perdoni; ma intanto la sua misera vita soffriva come se il destino feroce la facesse morire tra le verghe. La mamma aveva avuto ragione di dire che col fuoco non si scherza: ma una Polony discendente da eroi, poteva anche dimostrare al mondo che si può ridere e cantare anche in mezzo alle fiamme, quando sorregge un'altiera fierezza.

I beni dell'antica famiglia erano stati confiscati fin dal che i Polony s'eran mescolati ai moti politici del loro paese. Anche la nonna Celina, che ora guardava dal di sopra del pianoforte con uno sguardo tenero, dentro la sua vecchia cornice tarlata, anche questa figurina minuscola dai labbri rosei e dai cappelli di fuoco aveva rappresentata una parte tragica negli avvenimenti e nei rivolgimenti della patria. Donna di singolare energia, accesa di santa fiamma per la causa nazionale, inscritta ad una societ

Una buona scossa d'orgoglio doveva svegliarla. La mendicante doveva cedere il posto alla signora, alla contessa, alla Polony che aveva diritto di comandare e di redimersi con un atto di sacro orgoglio. Dove vien meno un piccolo piacere della vita, c'è sempre il posto per un grande dovere. Il pensiero della povera mamma rimasta a casa sola le fece desiderare di tornar presto.

Mentre Regina non poteva frenare le lagrime e cercava di soffocare i singhiozzi nell'angolo del suo grembiule, la figliuola del colonnello Polony guardava fissa innanzi a come forse aveva spiato suo padre dall'alto del poggio, cinque minuti prima di comandare l'ultimo assalto. La barca approdò non alla darsena, ma alla riva aperta, a' piedi della scala.

Scoppiata la guerra del sessantasei, il conte Polony fu tra le prime file e cadde colpito al cuore alle prime cariche alla testa del suo battaglione, lasciando la moglie e la bambina in qualche strettezza.

È sempre bello quando ci si ritrova disse la pallida signora. Ho amato il colonello Polony quasi come un mio padre.. Ma dov'è, dov'è.. la piccina? voglio dire quella piccina che dev'essere diventata un donnone? Dov'è Flora? soleva specchiarsi così volentieri nei bottoni d'argento della mia montura.

In questa funzione integrale Elisa D'Avanzo rappresentava per Flora Polony quella virtù riflessiva, che non abbondava nell'indole della più giovane, troppo facile a credere agli impeti del cuore.

La contessina Polony avrebbe voluto rispondere: Vendetta, esecrazione... ma la buona Regina la strappò per la mano e la trascinò via.

All'Istituto dei ciechi poveri di campagna aveva lasciato il grosso della sua sostanza, cioè le rendite del suo fondo di Brentana: una somma era destinata per la pubblicazione delle memorie di suo padre: venti mila lire come regalo di nozze a Flora Polony, oltre a molti altri ricordi e regali a parenti e ad amici.