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MALFATTO. Che volete? PRUDENZIO. Vieni qua e fa' che animadverti. MALFATTO. La berta me la date voi, alla . PRUDENZIO. Taci. Va' e chiama quel pincerna. MALFATTO. Che pincio volete? PRUDENZIO. Luzio, Luzio. Dove è? MALFATTO. È qua dentro. PRUDENZIO. Be', dilli che venga qua de fuori. MASTRO ANTONIO. Questo un bel fante per la Vostra Signoria!

Un mese dopo, Efisio Chiardi, passeggiando con lui pel gran viale del Pincio, che in quell'ora era quasi deserto, gli diceva: La signorina Amelia mi fa piet

A Roma non avevo che questo fioco lume, non sapendo il nome dei parenti di lei, e andavo ogni giorno a Porta San Paolo, trovavo ogni giorno la stessa risposta sconfortante. Frequentavo il Pincio, la chiesa anglicana, tutti i luoghi ove potevo sperare d'imbattermi in lei.

Non temete, cugino. So bene che gravi ragioni stanno contenute in queste carte. Me ne avvisò appunto stamane Polo Brancato. Queste lettere sono sue. Sapevo. Quasi tutte sono indirizzate a Palermo. Qualcuna è per Trapani... poche a Catania. Pincio, addio! E la carrozza partì.

Appena da Castel S. Angelo vien dato il segnale con un colpo di cannone, tuonano le artiglierie sul Pincio, e la girandola come un'eruzione vulcanica, o un fiume di fuoco, si slancia fumando e sibilando dalla spianata che sovrasta la facciata del Pincio. Sorge da terra simile a un manipolo gigantesco di grano, o ad una pianta di palma, e fischiando, scoppiettando, sale verso il cielo che pare voglia ricoprire per met

Quanto a lei, era quel che si dice un bel pezzo di ragazza, alta, formosa, coi capelli folti e nerissimi, con occhi grandi irrequieti e scintillanti sotto i lunghi sopraccigli: con un busto degno.... di figurare al Pincio assai meglio di qualche grand'uomo: un insieme d'energia e di grazia, di vitalit

La bella giornata primaverile aveva attirato al Pincio sull'ora del tramonto una quantit

Si guardarono negli occhi, in quella solitudine, in quella notte chiara, e quello sguardo infinitamente e rassegnatamente desolato fu inteso, da ambedue, per quel che era, per quel che diceva. L'indomani, nelle ore tarde pomeridiane, si videro al Pincio, dove ella gli aveva dato convegno.

Ma poi nun serve mo che t'incomincio A dilli tutti, tu, si te l'aggusti Tutti st'òmini qui, vattene ar Pincio. E , mica hai da fa' tanti misteri: Ché queli busti, prima d'esse' busti, So' stati tutti quanti òmini veri. E che òmini! Sopra ar naturale. Che er monno ce l'invidia e ce l'ammira! E l'italiano ci ha quer naturale Che er talentaccio suo se l'arigira.

La coppia infelice, pedinata dal duchino, arrivò a piazza del Popolo e salì al Pincio. Ma l'acqua non era che un vile pretesto come l'orologio. Il conte si ritirò bensì dietro una siepe, ma in atto vigilante, con un occhio alla moglie, un occhio al duchino e un occhio nello spazio intermedio. Il tranello riescì perfettamente.