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Aggiornato: 10 giugno 2025
Questa volta vince, e si arrabbia di non aver arrischiato di più. «Dugento cinquanta.» «Dugento cinquanta,» ripete il signor Asdrubale come un eco, intanto che distribuisce le carte; e non faccia complimenti, caso mai il fante di picche non le accomodasse... scelga lei...
Allora si leva in piedi, guarda innanzi a sè e rimane come istupidito. È lui, ancora e sempre lui il fante di picche! Il signor Asdrubale, col pugno sull'anca, colla faccetta petulante, se non ha un aspetto odioso, come pare a Donato, ha certo una gran voglia di ridere. A momenti spalanca la bocca sorridente e se la lascia scappare la sonora risata di soddisfazione che gli spira da tutti i pori.
L'inverno è rigido, ma i bei giorni ci sono più frequenti che al piano; e poi, le mie quattr'ossa si sono avvezzate; ci vorrebbe uno sforzo per adattarle a un ambiente diverso.» Così son passati altri quindici anni; proseguiva Don Pietro, parlando al conte Malatesti; e sono contento più che mai d'aver risposto picche a Fagnano.
Ma Donato crede di udire una voce che gli grida di no, e risponde che il fante di picche gli accomoda, e lo cerca baldanzoso fra le proprie carte, sicuro come è di trovarlo. Quella voce ha mentito, Donato perde; il signor Asdrubale apre il taccuino e segna colla matita centocinquana lire a suo credito. Un mutamento avviene nello spirito di Donato.
Ahi, infingardo e senza core! i soldati per tre ducati il mese vanno a rischio di spade, di picche, di archibuggi e di artegliarie; ed io per sí gran prezzo non posso contrastar con la forca? Meglio è morir una volta che sempre mal vivere. Ho passati tanti pericoli, cosí passerò quest'altro. Cancaro! si mangiano molte nespole mature, poi un'acerba t'ingozza: «è di errore antico penitenza nuova».
Le carte passano da una mano all'altra, una volta, due, tre; ma il fante di picche è sempre fedele al signor Asdrubale. Ah! il brutto pensiero che attraversa la mente di Donato! si prova a respingerlo, scrolla il capo e getta indietro i capelli, ma quel pensiero buio non se ne va. «Badi, dice l'avversario guardandolo fisso, il fante di picche quest'oggi mi vuol bene, scelga un'altra carta.
«Sissignore, ha perduto,» dice mostrando il fante di picche; e soggiunge modulando la voce con dolcezza melanconica: «mi lasci dire che se lo merita; non è così che si gioca; per vincere la sorte bisogna prima vincere la propria impazienza; scompaginare le carte, come ha fatto lei, è una profanazione.» A Donato riesce di ridere, e l'altro «non rida, è un canone dell'arte.»
Quella faccetta asciutta, quell'occhio che ammicca, quel labbro che sorride e par che ghigni, quel farsettone chiuso come una cassa forte dopo di aver inghiottito ogni sua ricchezza, quella voce monotona, uguale, stridula, quella disinvoltura provinciale, non vi è dubbio tutto ciò è lui il fante di picche!
Ogni volta che i suoi avversari facevano qualche punto egli bestemmiava per abitudine. Sei una canaglia, tu gridò ad uno di essi. Tu mi rubi il boccale! non si fa così a giocare, ohe! stai attento che ti prendo il tre di picche. Tutti ridevano. La sua gioia comunicavasi agli altri. Maometto è filosofo diceva uno. Sa che si è giovani una volta sola aggiungeva un secondo.
Erano muniti di corde, di graffi, di picche e di lanterne. Giunti sul luogo. Natale imperioso ed intollerante di consigli, voleva essere legato sotto le ascelle e sceso nel crepaccio, minacciando di gettarvisi a capo fitto se non gli obbedivano.
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