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Aggiornato: 12 giugno 2025
Datemi gli trenta scudi in pegno per tutto oggi, e mi contento; delle vostre vesti io non me ne curo altrimenti. PANURGO. Conoscete voi quel medico? FACIO. Conosco benissimo. PANURGO. Vi contentate ch'egli ve gli dii per me? FACIO. Contento. Ma perdonateci, di grazia, se non sapendo questo, fusse trascorso piú del dovere. PANURGO. Gerasto, vedete quel galante uomo? GERASTO. Vedo.
Prestava a' giuocator spesso danari a un per dieci il giorno di vantaggio; e i figli di famiglia aveva cari, che avesser vizi assai ma non coraggio, perché voleva il pegno e scritti chiari; poi gl'inseguiva col viso selvaggio, e alfin sí vago il conto avea tenuto, ch'avean pagato e il pegno anche perduto. Astolfo, dopo il costume novello, era a Parigi inventor delle mode.
Fino ad accorgermi se lo scritto era bello o brutto, e se i numeri tornavano, ci arrivavo anch'io: ma pur troppo quello non bastava. Bisognava intendersi di studi. Almanaccai se tra i miei cenci, ci fosse stato qualche cosa da potersi riadattare per lui: nulla. Il pastrano del suo povero babbo era in pegno da cinque mesi, e il mio scillino a righe era tutto un frinzello.
FACIO. I trenta scudi in pegno delle mie vesti che colui, partendosi da voi, mi vi lasciò in pegno. GERASTO. Che scudi, che pegni, che vesti? FACIO. Dico i trenta scudi che mi avete promessi per le vesti. Dico che mi date i trenta scudi per che colui che si partí da voi Famasio o Famosio che si chiama, mi ve lasciò in pegno per le mie vesti. Intendetemi adesso o volete che parli piú alto?
Ed io giuro a tutti i santi del paradiso, dice Baccelardo, che il pegno sar
Ma or che m'avveggio, avea fatto un bel guadagno! che dove il mio panno è finissimo e val dieci scudi la canna, questo appena val cinque Ma per mostrar che son gentiluomo, andrò a maestro Rampino e gli dirò che vi dia le mie vesti per tutto oggi ch'or mi rincresce spogliarmi, e fra tanto vi darò trenta scudi in pegno, dove queste non vagliono quindici.
Le doglie del parto, mitigate dalla consolazione di vedere, di toccare, di baciare una tenera creatura, un essere vivente, frutto delle proprie viscere, pegno d'un amore benedetto, illibato; nuovo nodo di tenerezza fra lo sposo e lei; e non saziarsi di guardarlo, di blandirlo, di comporlo; e col proprio latte sostentargli la vita che essa medesima gli diede, sono gioje di che il Cielo privilegiò le madri per ristoro ai travagli e alle fatiche del sacro loro stato.
Cosí diceva, e Terigi l'ascolta, e non sapeva parlar né tacere. Marfisa pur lo guarda e ha replicato: Sí, vi perdono; sí, v'ho perdonato. Anzi, perché un bel pegno tosto abbiate dell'amor mio, della mia confidenza, vo' che tremila zecchin d'òr mi diate, ché supplir deggio a certa mia occorrenza.
RUFINO. Perché, oggidí, non si trova amico se non finto e a pena ve lli prestaranno sul pegno, non ch'altro. CURZIO. Tu dici el vero; ma la necessitá mi sforza de andar alla mercé loro. Ma dimmi un poco: dove dici tu che ti aspettará colei? RUFINO. Ve l'ho pur detto: in casa di Filippa. CURZIO. Orsú!
Oggi, tra per le origini derivate dai tempi feudali, tra per la soverchia influenza d'uno spirito d'analisi che guarda con favore allo smembramento, è nella vita dello Stato troppo sminuzzamento. E comechè taluni vi travedano un pegno di libert
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