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FACIO. Questa mattina venendo Pelamatti, servo di maestro Rampino sarto, a portarmi certe vesti nuove che volea cavalcar per Salerno, costui gli diede ad intendere che eran sue e che egli era Facio, ch'era io, e si tolse le vesti mie.

PANURGO. Ecco il servo che ho mandato per esse. MORFEO. Padrone, maestro Rampino m'ha detto che un pezzo fa ve l'ha mandate per Purgamatti o Pelamatti suo servo. PANURGO. Haigli tu dato i danari della fattura e de' finimenti? MORFEO. Si bene, ecco la poliza della ricevuta. PANURGO. È restato sodisfatto del tutto? MORFEO. Sodisfattissimo.

PELAMATTI. Di che etá è questo maestro Rampino? PANURGO. Non l'ho mirato in bocca. Ma m'accorgo che tu hai poca voglia di darmele. PELAMATTI. Perché n'hai soverchia di riceverle. PANURGO. Come se dicessi ch'io ti volessi rubar queste vesti. PELAMATTI. Come tu lo dicessi e io me lo vedessi. PANURGO. Altri che tu m'arebbe credito di mille scudi.

PANURGO. Ah, ah, ah! or m'accorgo che tutti e tre siamo ingannati. Ascoltate. I giorni a dietro da maestro Rampino mi feci far certe vesti da dottore; e aspettando questa mattina le vesti, vedo questo giovane che le portava sotto. Dimando: Di chi sono? mi risponde: Di Facio.

MORFEO. Eccomi all'ubidire. PANURGO. Togliamcele calde calde. MORFEO. Presto presto, che non puzzino. PANURGO. Nasconditi, ascolta e vieni a tempo. MORFEO. Mi nasconderò, ascoltarò e uscirò a tempo dall'imboscata. PELAMATTI. Non si vidde al mondo mai il piú bizzarro uomo di maestro Rampino.

MORFEO. Daglile in nome... che non voglio dire, che non so come abbi avuto tanta pazienza. Egli prima gioca de mani che de lingua. Padrone, è forastiero, non è uso a trattar con gentiluomini, tratta al modo del suo paese. PANURGO. Andiamo a maestro Rampino; e s'egli in mia presenza non gli rompe la testa la spezzerò a tutti due.

ALESSIO. A questo potrò servirti agevolmente; che Facio mio padre se n'ha fatto far certe nuove per andare a leggere a Salerno nello Studio, e or sta in casa aspettando maestro Rampino che gli le porti. Partito che sará, che fia tra poche ore, ti potrò accomodar di quelle che lascia, per parecchi giorni. PANURGO. Per chi le mandarete?

Ma or che m'avveggio, avea fatto un bel guadagno! che dove il mio panno è finissimo e val dieci scudi la canna, questo appena val cinque Ma per mostrar che son gentiluomo, andrò a maestro Rampino e gli dirò che vi dia le mie vesti per tutto oggi ch'or mi rincresce spogliarmi, e fra tanto vi darò trenta scudi in pegno, dove queste non vagliono quindici.

PANURGO. Mentre stiamo aspettando Alessio, un certo amico che ne manda le vesti a questo effetto, vuoi che te insegni a fingere quel che abbiamo a fare? MORFEO. Imparami d'altro che di fingere: questo fu mio primo essercizio. Ma ecco il servo che ti porta le vesti. PANURGO. Non viene a me, va dritto alla casa di Facio; deve essere il servo di maestro Rampino: vogliam far prova di torcele?

PANURGO. Io son Arcifacio, son Faciissimo. PELAMATTI. Me ne vo dunque: voi non sète quel che cerco. Vo' Facio, non Arcifacio Faciissimo. PANURGO. Io son quello che cerchi, or vengo dalla bottega di maestro Rampino, ché mi desse le vesti; e disse avermele inviate per un suo servo; e or aspettandole stava passeggiando dinanzi la mia casa. PELAMATTI. Queste son dunque le vesti che aspettavate?