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Aggiornato: 27 giugno 2025


Non ci perdiamo nel vestibolo d'onore, detto del ponte di Jena; usciamo all'aperto, nella via interna, detta la via delle Nazioni. Essa corre rasente alla sezione centrale, dove è l'esposizione di belle arti di tutti i popoli d'Europa, ed ha sull'altro fianco l'esposizione industriale di tutti i popoli dell'Europa, suddetta, e di parecchi dell'Asia, dell'Africa, dell'America e dell'Australia. Ognuna delle nazioni che concorrono all'esposizione ha la sua facciata su questa via. L'Inghilterra ci ha riprodotto lo stile della sua architettura ai tempi della regina Anna, o giù di ; gli Stati Uniti un quid medium tra il dock e lo scalo di ferrovia; la Svezia e la Norvegia due casette di legno in stile romando del XII secolo; l'Italia un portico di palazzo milanese del Cinquecento; il Giappone una casa di campagna; la Cina una porta del palazzo imperiale di Pechino; la Spagna un frammento dell'Alambra; la Russia una casa di Mosca, quella stessa in cui è nato Pietro il Grande; la Svizzera una casa del cantone d'Argovia, nello stile suo del XVII secolo; il Belgio un palazzo magnifico, nello stile del Risorgimento, e in marmi e pietre delle sue cave; la Grecia una casa Policroma del tempo di Pericle; l'Austria un palazzo ad archi e colonne, che è suo come il Trentino, o come l'Istria, con una facciata a graffiti, elegantissima, di cui si potrebbe vedere il tipo originale a Pistoia, o in qualche altra citt

Le amazzoni! Sono fuggite. Sono andate a cercare altri protettori. Anche i mimi lo hanno abbandonato. Schiavi, liberti, cortigiani saccheggiano il palazzo. Gli portano via tutto; financo le coperte del letto e la fiala preziosa, che Lomita gli aveva preparato. Vuole difendere le sue corone di alloro. È solo. Non riesce. I suoi strumenti musicali; la sua cetra. Anche questi gli vengono tolti.

Fortificato contro la sua coscienza, che lo accusava di debolezza, uscì allora di casa. Erano le due dopo il meriggio. Quando fu dinanzi al palazzo Vivaldi, la coscienza parlò un tratto più forte, ed egli ebbe vergogna di ; la persona aveva gi

Verso le otto ore di notte, il Palavicino, uscito di palazzo, si recò sulla riva, e cercò del condottiere della barca col quale era venuto. Trovatolo, s'intrattenne alcuni momenti con lui. Credo che tra le nove e le dieci avremo a partire. E noi partiremo senza un accidente di sorta.

Con lui venne a Venezia e mentre il padrone s'intratteneva nei saloni del palazzo Zecchin, il poco paziente domestico, che s'era fermato sull'ingresso del palazzo a godersi le scene del popolo festante, vedendo i tre romani, che amava come figli fendere la folla con tanta precipitazione volle seguirli e così anche lui si trovò all'osteria sulla Riva degli Schiavoni alle calcagna di Cencio.

Qui adunque su quella sua torre, di cui non restan che i ruderi, sventolava a quell’ora il gonfalone del popolo; e nella sala maggiore di detto palazzo, adunati, il gonfaloniere di giustizia coi dodici anziani e i dugento consiglieri del popolo, al capitan degli Uberti, in merito de’ suoi grandi servigi, erano per confermarsi i due maggiori uffici, di capitano e di potest

Ma quella del signor Francesco al conte Gino, portata in Modena, consegnata alla porta del palazzo Malatesti da Pellegrino Menghi, come si era smarrita? Gino protestava di non averla ricevuta. Il poveretto non sapeva neppure che Pellegrino fosse disceso a Modena.

E ad accrescerlo dopo alcuni istanti s'udì lo squillo di una campana, squillo atteso da lui con tremore e sgomento. Era quello il segno con cui veniva chiamato il duca a recarsi nella gran sala di palazzo dove tutto il suo seguito stava raccolto per ritirarsi con lui in castello. Essendo assolutamente vietato di recarsi in quella sua sala, quand'egli si trovava colle sue donne, con quel segnale veniva chiamato ogni qual volta fosse bisogno della sua presenza. E a quello infatti il duca si alzò.... Era diventato più pallido la met

Le sedici gondole che li stavano aspettando presso la riva, si videro presto prendere il largo nella laguna e sbandarsi chi per l'una chi per l'altra parte. Verso mezzanotte, quasi in fondo al canale della Zueca, le finestre e i balconi di un palazzo riboccavano di luce. Era quello il palazzo del senator Barbarigo.

Giovedì alle quattro, nel tornare al palazzo, il conte Tomacelli vide il duchino di Zagarolo, che passeggiava sotto le finestre, tenendo una rosa in mano, nella posa classica d'una Primavera di gesso. Il conte Tomacelli, il quale è un uomo che non ischerza, entrò in casa e disse alla contessa: Vogliamo andare a far due passi?

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