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Aggiornato: 13 giugno 2025
Il nostro tenente, ch'era il N. H. Leonardo Bollati, arricciava il naso a sentirsi trattar con questa confidenza dal suo antico cuoco, ma eran tempi democratici e conveniva adattarvisi. Del resto il nostro tenente non aveva opinioni ben determinate circa all'andamento probabile della guerra, ed era disposto ad accettar le opinioni del signor Oreste.
Avete ragione; le gambe mi fanno fico. Per fortuna la testa è salda. Venite qua a braccetto; Oreste e Pilade non usavano fare diverso in simili casi. Credete? Allora son qua. E a proposito abbiamo pagato il conto? Non ve ne date pensiero; qui faccio a credenza. E così, tolto Michele a braccetto, il Bello lo condusse all'aria aperta; nè ebbe a sudar poco per metterlo all'uscio di casa.
Pur troppo, Eccellenza.... Ma! Nie...ente paura!... Ho tre camere... in... a...alto e... e m'han lasciato... a...anche la chia...a...ve. Il signor Oreste aiutò il conte a introdurre questa famosa chiave nella toppa; poi disse: Lustrissimo, buona notte.... Buo...o...na notte.... O che co...o...sa gridano?
La prima voce che passò volando ‘Vinum non habent’ altamente disse, e dietro a noi l’andò reïterando. E prima che del tutto non si udisse per allungarsi, un’altra ‘I’ sono Oreste’ passò gridando, e anco non s’affisse. «Oh!», diss’ io, «padre, che voci son queste?». E com’ io domandai, ecco la terza dicendo: ‘Amate da cui male aveste’.
E prima che del tutto non si udisse per allungarsi, un'altra 'I' sono Oreste' passo` gridando, e anco non s'affisse. <<Oh!>>, diss'io, <<padre, che voci son queste?>>. E com'io domandai, ecco la terza dicendo: 'Amate da cui male aveste'. E 'l buon maestro: <<Questo cinghio sferza la colpa de la invidia, e pero` sono tratte d'amor le corde de la ferza.
Ma allora andò fuori dei gangheri, e dopo aver dubitato dell'amicizia in genere e perfino di quella esemplarissima di Oreste e.... e aiutatelo a dire, si mosse per tornarsene a casa. Se egli avesse saputo dove stava di casa il Bello, sarebbe andato a cercarlo; ma non sapendone nulla, pensava di ricattarsi la sera in qualche sala da biliardo, o in qualche osteria, dove bazzicava l'amico.
Ma che vuol dire tutto questo sfoggio di erudizione? dimandò egli. Vuol dire che a' tempi nostri non ci sono più amici. Non mi dite di no; non parlo per voi, Salvani, che vedo così di rado, e non ne so veramente il perchè; parlo pel signor Aloise di Montalto, giovine biondo e infido, Niso che s'infischia d'Eurialo, Damone che manda Pizia a quel paese, Oreste che.... Non ridete Salvani!
È vero notò gravemente un nuovo personaggio comparso in quel punto. Era il signor Oreste, il cuoco, in abito da signore, col metternicche in testa, una collana d'oro al collo e uno spillone di diamanti sulla camicia. È vero egli riprese dopo una pausa. E inventandosi apposta un proverbio per l'occasione continuò: Bestia ben trattata buona in pignatta.... E questa qui non ha bisogno d'altre disgrazie.... Conviene ingrassarla per una settimana, e poi si potr
Ce n'avete... fatte di grosse... voi... continua Sua Eccellenza appoggiandosi al braccio di quel furfante arricchitosi a spese della sua famiglia. Il signor Oreste avrebbe voluto dire che anch'egli era stato sacrificato non riscotendo un centesimo dei suoi crediti, ma s'era ormai giunti al portone del palazzo. Lo sapete che... che il palazzo appartiene a...adesso a un Lo...ord inglese?
Questa risoluzione tornava sicuramente a grande onore dell’amicizia. Si era detto, nei tempi antichi, Damone e Pizia, Niso ed Eurialo, Oreste e Pilade; si sarebbe detto, nei tempi moderni, Cosma e Damiano. È sempre bene che certi tipi, belli ma antiquati, si rinnovino, in quella stessa guisa che si rinfrescano i vecchi dipinti.
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