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Aggiornato: 23 giugno 2025
Numero otto: verificate se da qualche finestra o pertugio apparisce alcun frammento di figura umana, una testa, un naso, un orecchio, una gamba, non importa! riportatemi quei frammenti centuplicati di proporzioni. Per alcuni minuti, fu nella sala un andirivieni di subalterni. Il Torresani, dall'alto del suo pulpito, non cessava di impartire ordini a questi e a quelli.
E sia certo che ad altri nol direi giá mai; ma a te son contento dirlo. Ma vedi, per tua fé, Calandro mio, che ad altra persona del mondo tu non lo palesi mai. CALANDRO. Io te giuro che io non lo dirò ad alcuno; ed anche, se tu vuoi, non lo dirò a me stesso. FESSENIO. Ah! ah! A te stesso sono io ben contento che tu 'l dica; ma solo ad uno orecchio, a l'altro non giá. CALANDRO. Or insegnamelo.
Non t'accadde mai d'udir favellare i caratteri? Per me quei due nomi risplendevano non solo, risuonavano anche. Il mio orecchio percepiva fonicamente ciò che il mio occhio abbagliato leggeva. E andavo ripetendo: Ambra e Ram
E poi due corna sulla testa! E poi? E poi la coda! E poi? E poi un musone lungo lungo! E poi? Un orecchio e un occhio. Ne ha due, come li abbiamo tu e io: ma siccome l'altro occhio e l'altro orecchio rimangono dalla parte di l
È tardi? domandò con voce fioca Ho sempre dormito? Sempre. Come ti senti? Bene. Vorrei dormire ancora, ho le palpebre pesanti. E tu dormi. Non posso... ho un affanno... Un affanno! Parve lottare un istante; poi con un debole sforzo si trasse più presso a me, e balbettò al mio orecchio: "mi perdoni?" Che cosa? domandai, ma il mio cuore l'aveva indovinato.
Tutti quei galantuomini in torno a lui pendevano dalle sue labbra, presentivano con gioia un qualche strano avvenimento che alimentasse alfine le loro chiacchiere pomeridiane. Don Paolo Seccia, che era un poco sordo da un orecchio, disse impazientito:
Venezia! questo nome scosse il cavaliere di Malta; gli sembrava strano venisse a ferire il suo orecchio in quel luogo solitario, tanto lontano dalla citt
Egli si era di nuovo accostato a Lina e le aveva schioccato un bacio su una delle sue spalle d'avorio. Ora basta davvero! disse la ragazza, tirandolo dolcemente per un orecchio. Lucertolo lasciava fare, tutto lieto di quella curiosa carezza. Ora basta! è tempo che baciate... il chiavistello.
Non aveva più la mammina, quella cara mammina, al cui orecchio essa aveva mormorato tutti gli ingenui desiderii della infanzia; la mammina se n'era andata e la Cherubina non diceva nulla a nessuno; anzi tremava tutta al solo pensiero che egli comprendesse qualche cosa; e si sedeva in un angolo recondito, lontana dai pericoli. Passò tanto tempo.
La voragine, co' suoi tortuosi meandri, pareva un immenso orecchio di tenebra su cui piombavano queste voci: "Ho tre peccati sull'anima. Eccoli: "Primo peccato: quando avevo vent'anni, a Zamora salvai dal rogo tre infedeli, un moro, un ebreo e un luterano.
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