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Aggiornato: 24 giugno 2025


Francesco Sagredo, 4 luglio 1611 » » Stesso, 15 maggio 1612 » » Girolamo Morosini, 9 febbraio 1614 » » Giuseppe Civran, 21 agosto 1625 » » Alvise Pesaro 1628 Dispacci del console Nicolò Foscolo dal 1636 al 1639.

Sappiamo infatti da scrittori e da documenti contemporanei che nel 1627, sotto la reggenza del medesimo Pietro Morosini, furono de' grossetti ivi allora battuti recati alla zecca nostra. Chi venne incaricato dell'assaggio di queste monete le riscontrò a peggio 238 per marca, ad un titolo cioè di molto inferiore al legale. Quale però si fosse questo titolo legale a cui doveano attenersi gli zecchieri albanesi, non si può agevolmente conoscere. La rarit

Nel 1706, ducando Alvise Mocenigo secondo di questo nome, per sopperire a' bisogni del commercio ne' possedimenti di Dalmazia e d'Albania, fu decretato lo stampo di una nuova moneta da lire venete 4, in uno a' suoi spezzati da lire 2, 1 e da soldi 10 e 5. Dal nome del doge che primo ed unico la mise fuori fu detta [I[leone Mocenigo]I], a distinguerla da altra moneta di maggior peso e valore battuta pel Levante che dal doge che primo la fece stampare si era chiamata [I[leone Morosini]I]. Tuttavia le succitate memorie di zecca del 1749 non la chiamano con altra appellazione che quella di [I[monete nuove per la Dalmazia]I]. L'argento in cui la si volle coniata aveva di peggio 450 carati per marca, era cioè inferiore di k. 100 di fino a quello impiegato nelle lirette; era quindi al titolo 0,609377, o della bont

In quegli ultimi giorni, come suole spesso avvenire tra uomini malvagi, il Visconti e l'Attilio avevan stretta una tal quale amicizia, e in quella sera trovavansi accanto nella gran sala del Morosini.

E ci hanno i gaudi della battaglia, certaminis gaudia, e questo si capisce; ci hanno altresì i gaudi del morire, e questo s'intende meno, tuttavia è così; solo nel più forte sesso, ma eziandio nel debole, e di ciò porgono testimonianza le fanciulle milesie prese dal furore di uccidersi; e non fu trovato rimedio a cotesta insania, fuorchè minacciando, che il corpo della violenta contro se medesima sarebbe stato esposto ignudo al ludibrio del vulgo. Adesso cade Enrico Dandolo antica stirpe non degenerata; a lui nocque la troppa fidanza; imperciocchè avendo visto una compagnia di Francesi sbucare da un lato del palazzo Corsini si mise in procinto di combatterla, ma si trattenne; e la cagione ne fu il capitano francese, il quale sollevata la sciabola gridava con parole italiane: siamo amici! Il Dandolo e i suoi allora accostansi come chi sa e desidera avere amplesso fraterno; e l'amplesso fraterno fu che il capitano di Francia di un tratto saltato da parte ordinava ai suoi scaricassero l'arme a trenta passi di distanza: un terzo e più della compagnia Dandolo giacque spenta, degli ufficiali Ludovico Mancini ebbe forata una coscia, alcuni soldati accorsi a sollevarlo riportarono gravi ferite, e lo stesso soccorso fu da capo trapassato nel braccio; Silva lamentò una mano lacera, a Colomba toccava una palla in bocca che stracciata tutta la carne gli uscì dalla guancia. Al Dandolo una palla traditora trapassò il corpo da petto ai reni: i suoi rincalzati dai Francesi, lasciaronlo solo; ma solo non si poteva dire perchè rimase al morente il Morosini gentile sangue latino. Dopo breve intervallo i soldati nostri ripresero animo irruppero a corpo perduto contro i Francesi: allora due pietosi si fecero a mettere in salvo il Dandolo e il Morosini; questi come a fortuna piacque illeso, l'altro ahimè! boccheggiante nella morte. Dopo breve egli periva bello, elegante di forme, di costumi santissimi; non contava ancora ventidue anni. Percuote la mente di piet

Suonata intanto l'ora terza di notte, e cominciandosi in quel momento le danze, il Morosini, Candiano, Barbarigo ed altri senatori, a cui per nulla s'addiceva quel gioco della prima gioventù, si ritirarono in altre stanze. Il Fossano avrebbe voluto seguirli, ma il senator Morosini additatogli un gruppo di fanciulle: «A voi tocca trasceglierne qualcuna, chè i sistri gi

«Ne ho gran piacere, Ghita mia, che tanto mi seppe male quando ho sentito dire ch'egli così ingiustamente era stato cacciato dal banco del signor Morosini.» «E si dovette penare un anno intero, che nessuno non gli volse più dare avviamento, e non si pensava alla moglie e ai cinque figliuoletti che morivano di fame.» «Ah, pur troppo il mondo è assai tristo

II rovescio offre il leone alato e nimbato, ritto sulle zampe posteriori, verso la dritta, e piegante a sinistra il capo, mentre tiene nella zampa anteriore destra la croce, nella manca una palma. Oltre il cerchio di perline che lo racchiude è la epigrafe FIDES ET VICTORIA. È pezzo men raro di quello del Morosini.

L'ammiraglio guardatolo ben bene e riso un poco, «Perchè nodisse, «così spiccherai meglio tra gli altri.» E di forza presolo per un braccio, lo condusse dentro. Ai due che entrarono preceduti da un valletto di casa Morosini che li annunciò, venne incontro il senator Morosini colla moglie e gran parte dei gentiluomini e gentildonne che gi

P e M = Paolo Morosini, 1438. F e Q = Francesco Querini, 1442.

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