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Aggiornato: 18 giugno 2025
MELITEA. L'aspetto suo venerando mi mostra che i suoi costumi sieno pieni di dignitá e di cortesia; poi, vedendo quanto i miei servigi saranno amorevoli e pieni di affezione, non dubito di non esser ben trattato da lui e della mia libertá. MANGONE. Mirate che risposte argute. Di grazia, dimandateli alcuna cosa. FILIGENIO. Quale è il vostro nome?
PASQUELLA. Avete veduto che sia maschio? GHERARDO. Sí, dico: ché, aprendo l'uscio a un tratto, egli s'era spogliato in giubbone e non ebbe tempo a coprirsi. PASQUELLA. Vedeste voi ogni cosa? Eh! Mirate che gli è femina. GHERARDO. Io dico che gli è maschio e bastarebbe a far due maschi. PASQUELLA. Che dice Isabella? GHERARDO. Che vuo' tu ch'ella dica? Svergognato a me!
Fra tanto almo gioir, fra tanta festa, ch'oggi al vostro tornar si mostra e sente, anch'io la speme, e la letizia spente poter nudrir ne l'alma dubbia e mesta, se mirate, Signor, quel che m'infesta noioso e aspro duolo che voi potete solo ridurmi in porto da crudel tempesta, e volgendo ver me pietoso il ciglio trar mia vita di doglia e di periglio.
«Mirate, disse poi, quell’alta mole Che di quel monte in su la cima siede. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Voi con la guida del nascente sole Su per quell’erto moverete il piede.»
Mirate, dama, il mio stipite in vetta diceva, e Adamo faceva osservare; e va pur dietro alla sua linea retta gran monarchi e regine a nominare. Non era giunto a un quarto della carta; Marfisa disse: E' convien pur ch'io parta. Io sono persuasa, state certo, della nobiltá vostra risplendente. Non mancherò d'uffizi; il vostro merto è tal che avanza ogni altro concorrente.
SIMBOLO. Ella è non men bella di dentro che di fuori: mirate con che bel modo non ha voluto accettar il vostro dono né rifiutarlo; e se il dono era magnifico e reale, ella è stata piú magnifica e reale a non lasciarsi vincere da tanta ingordiggia. DON IGNAZIO. Simbolo, sapresti indovinar in qual parte della casa ella sia? SIMBOLO. Che posso saper io?
Così disse ’l maestro; ed elli stessi mi volse, e non si tenne a le mie mani, che con le sue ancor non mi chiudessi. O voi ch’avete li ’ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ’l velame de li versi strani. E gi
ISABELLA. Mirate se v'è niuno. LELIA. Non ve l'ho detto? Non si vede persona. ISABELLA. Oh! Io vorrei che voi tornasse dopo disinare quando mio padre sará fuora. LELIA. Lo farò; ma, come passa il mio padron di qui, di grazia, fuggite e serrategli la finestra in fronte. ISABELLA. S'io non lo fo, non mi vogliate piú bene. SCATIZZA. Dove diavol gli tien la man, colei? CRIVELLO. Oh povero padrone!
La mi pareva bagnata del suo sangue, quando l'ho vista, e sono caduta come morta sul pavimento. Povera donna! mormorò la signora Luisa, voltandosi a Laurenti. Guardate; il dolore la rende anche più bella. Suvvia, buona Maddalena, fatevi animo; mirate il vostro bambino, che a vedervi piangere, fa greppo egli pure.
Or mirate come van le cose del mondo: che quello è piú sciocco che si pensa saper piú degli altri. Io l'ho vestito da donna per ischivarlo da un pericolo e l'ho fatto cader in un altro: ecco piena la scena di una falsa apparenza. Ma lo veggio che vien con Lidia: mira come la guata e come la tien stretta!
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