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All'uno e all'altro lato dell'Almimbar, o pulpito, ondeggiano due stendardi, per significare che l'Islam ha trionfato del Giudaismo e del Cristianesimo, e che il Corano ha vinto l'antico e il nuovo Testamento. Gli almnedani salgono sulla galleria dell'alto minareto e intuonano il selam o il saluto al profeta. Allora le navate della moschea si riempiono di credenti, i quali, con bianchi vestiti e festoso aspetto, accorrono alla orazione. In pochi istanti, per tutta l'estensione dell'edifizio, non si vede più che gente inginocchiata. Per la via segreta che congiunge il tempio all'alcazar, giunge il Califfo e va a sedere al suo posto elevato. Un lettore del Corano legge una Sura sul leggìo della tribuna. La voce del muccin risuona nuovamente invitando alle preghiere del mezzogiorno. Tutti i fedeli si alzano e mormorano le loro preghiere, facendo reverenze. Un servitore della moschea apre le porte del pulpito e impugna una spada, colla quale, voltandosi verso la Mecca, ammonisce che si lodi Maometto, mentre gi

La porta principale della cinta è a tramontana nel punto dove sorgeva il minareto di Abdurrahman, sulla cima del quale sventolava lo stendardo maomettano. Entrammo; io credevo di veder subito l'interno della Moschea, e mi trovai in un giardino pieno di aranci, di cipressi e di palme, cinto da tre lati da un porticato leggerissimo, e chiuso al quarto lato dalla facciata della moschea. Nel mezzo di questo giardino era al tempo degli Arabi la fonte per le abluzioni, e all'ombra di questi alberi si raccoglievano i fedeli prima d'entrare nel tempio. Stetti qualche momento guardando intorno, e aspirando l'aria fresca e odorosa con un senso vivissimo di piacere; e mi batteva il cuore al pensare che la famosa moschea era accanto, e mi sentivo ad un tempo spinto verso la porta da una immensa curiosit

Figuratevi, da una parte, sopra un'altura, quell'enorme spacconata architettonica del palazzo del Trocadero, con una cupola più alta di quella di San Pietro, fiancheggiata da due torri che arieggiano il campanile, il minareto ed il faro; con quella pancia odiosa e quelle due grandi ali graziosissime, colle sue cento colonnine greche, coi suoi padiglioni moreschi, coi suoi archi bizantini; colorito e decorato come una reggia indiana, da cui precipita un torrente d'acqua in mezzo a una corona di statue dorate: un arco d'anfiteatro immenso che corona l'orizzonte e schiaccia intorno a tutte le altezze. Dalla parte opposta, a una grande distanza, rappresentatevi quell'altro smisurato edificio di vetro e di ferro, dipinto, stemmato, dorato, imbandierato, scintillante, coi suoi tre grandi padiglioni trasparenti, colle sue statue colossali, colle sue sessanta porte, maestoso come un tempio e leggiero come una sola immensa tenda d'un popolo vagabondo. Fra questi due enormi edifizi teatrali, raffiguratevi quel gran fiume e quel gran ponte; e a destra e a sinistra del fiume, un labirinto indescrivibile d'orti e di giardini, di roccie e di laghi, di salite, di discese, di grotte, d'acquarii, di fontane, di scali, di viali fiancheggiati da statue: una miniatura di mondo; una pianura e un'altura su cui ogni popolo della terra ha deposto il suo balocco; un presepio internazionale, popolato di botteghe e di caffè africani ed asiatici, di villini, di musei e d'officine, in mezzo alle quali una piccola citt

Sul molo e per le viuzze del villaggio, Negri, Arabi e Turchi, andavano e venivano rumorosamente, gli uni affacendati a scaricare cammelli e asini, altri a condurre mandrie di buoi tigrati e di cammelle ai pozzi, e altri ancora a tirar a secco le barche o a disarmarle. Per ogni dove si udivano monotone canzoni accompagnate dal suono del tamburello, che gli echi delle foreste ripercotevano: un salmodiare di versetti dell'Alcorano, un muggito di animali, uno sbattere di remi, un chiamarsi, un salutarsi e al disopra di tutti quei rumori la voce nasale del muezzin che dall'alto dell'esile minareto, colla faccia rivolta verso la Mecca, gridava: La All