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Aggiornato: 6 maggio 2025


Quell'uomo sbuffò contrariato e dispettoso, ma non esitò più; puntò le manaccie villose sulla tavola e si alzò collo stento che avrebbe avuto se la tenace pece lo avesse appiccicato alla seggiola. Te ne vai, Lograve? gli domandò uno dei giuocatori. Un momento. Conservatemi il posto... vengo subito.

Questa apprese così che la Lisa e Battista non si trovavano da nessuna parte, che all'alba era venuto il servo del signor Lograve con un biglietto pel signor Cesare e che poco dopo i cognati erano usciti insieme. Dov'erano andati? Ah! la cuoca non lo sapeva, perchè dalla sua cucina non aveva potuto vedere da qual parte si fossero diretti. Matilde mandò un gemito. Era certo che la provocazione era venuta con quel biglietto di Emilio, e che il duello doveva aver luogo, forse succedeva in quel momento, forse gi

Se in tutta la cittadinanza grandi furono lo interessamento pel Nori e la indignazione pel Lograve, grandissimi essi furono nella famiglia Danz

Alberto gli fe' cenno di non inoltrarsi, e s'affrettò a raggiungere il cognato nell'altra stanza. Che cosa c'è? gli domandò. E Cesare gli porse un bigliettino, che disse essergli stato rimesso allor allora dal servo del Lograve. Alberto lo prese e lo lesse. «A Cesare Danz

Alberto Nori, un po' pallido, ma franco e sorridente, guardava dritto innanzi a cogli occhî levati; Emilio Lograve teneva un po' chino il capo e di sotto la fronte lo sguardo velenoso guizzava a scatti sull'avversario mentre sulle labbra gli si disegnava il sogghigno diabolico di un malvagio che vuole compiere un maleficio e sa di riuscirvi.

Posti di fronte i duellanti e dato il segnale, Emilio non sentì neppure il fischio della palla, così passò essa lontana dalle orecchie di lui. Fissando bene in volto l'avversario ed abbassando lentamente la pistola, Lograve disse con accento pieno di sarcasmo: Lo schifoso mostricciuolo, caricatura di scimiotto, ha la tua vita nelle mani... e te la regala.

, che lo deve sapere: ribattè con qualche risentimento Alberto, perchè dianzi Lograve le parlava di me... Oh! l'ho ben visto... Che cosa le diceva? Ho pure il diritto di saperlo. Io non so se lei abbia questo diritto: ma so bene che io non ho il dovere di parlarne... e non dirò nulla.

Emilio Lograve, colla sua solita carnagione di morticino, non mostrava la menoma alterazione in viso, aveva una mirabile sicurezza di atti, di voce, di parole, ed aveva lui, a sua volta, uno scherno sprezzatore nel sogghigno e nello sguardo. La sorte favorì l'avversario di Emilio col vantaggio di sparare il primo.

Dopo cinque anni, intravvenuta un'amnistia pei reati di duello, Emilio Lograve tornava in patria, ancora più tristo, più invidioso, maligno, ma esteriormente cambiato affatto, grazie alla maschera e alla veste d'agnello ch'egli aveva creduto utile imporsi e aveva saputo vestirsi. «Caro Cesare,

Una notte Lorenzo Lograve tornò a casa con passo più vacillante del solito, gli occhî pieni di sangue, la lingua grossa, le labbra livide. Secondo il solito, nessuno lo aspettava; giunse nella sua camera inciampando nei mobili, urtando colle spalle nelle pareti e negli stipiti; si spogliò a stento con mano quasi convulsa, strappando quasi i bottoni, lacerando i panni, e quando fece per salire sul letto, ruzzolò e diede un tonfo per terra. Marianna che dormiva nella camera vicina, svegliò Emilio che le venisse in ajuto. Quando ebbero tirato su e coricato in letto il caduto, che rantolava sempre senza dar segno di cognizione, il giovane medico si accorse subito della gravit

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