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Aggiornato: 6 maggio 2025


Eccoli dunque istallati, il duca di Balbek giuocando con l'ambasciatore di Prussia, ed il dottore avendo per partener quello d'Inghilterra. Il duca ed il dottore giuocavano così in certi saloni, perchè, alla fine della serata, liquidavano tra loro benefizi e perdite. Al club, al contrario, erano sempre partener. La sorte si era mostrata neutra.

Centotre scalini...? domandò l'ambasciatore con un senso di sgomento, soffermandosi sopra uno dei primi dodici. Ma poi la strada va piana. Ti ricorderai dell'Angiolina e della Tognina, le nostre due ragazze d'una volta. Questa è la Tognina. Guardalo un po', Tognina: lo riconosci? non si è fatto più bello?

Mohamed Ducali accorse. L'Ambasciatore d'Italia mi perdoner

Poco dopo il nostro arrivo, giunse da Laracce, per visitare l'Ambasciatore, l'agente consolare d'Italia, il signor Guagnino, vecchio negoziante genovese, che vive da quarant'anni sulla costa dell'Atlantico, conservando gelosamente puro l'accento della lingua di Balilla; e verso sera venne, non so di dove, un arabo della campagna per consultare il medico dell'ambasciata.

L'ambasciatore d'Inghilterra e l'ambasciatore di Prussia che gustavano anche essi considerevolmente una partita di whist non dimandavano meglio che cedere all'invito del principe di Lavandall, il quale, per divertire i suoi ospiti, andava incontro alle loro inclinazioni.

Ho da rispondere, rispose il ragazzo, che porterò il ferro per tutta la vita, ma che non imparerò a leggere mai, e che son risoluto a farmi uccidere, piuttosto che a imparare. L'Ambasciatore lo guardò fisso; egli sostenne lo sguardo imperterrito. Signori, disse allora l'Ambasciatore rivolgendosi a noi, la nostra missione è finita.

Che delizia di mestiere ha da essere quello di governare i Beni-Hassen! L'Ambasciatore acconsentì; Sidi-Abd-All

A mezzo miglio dalle tende c'erano due gruppi di capanne di stoppia, mezzo nascoste dai fichi d'India. Ci radunammo tutti sotto una tenda. Appena eravamo seduti, arrivò correndo un soldato della Legazione, si piantò davanti all'Ambasciatore e disse con voce allegra: La mona! Venga, rispose l'ambasciatore alzandosi. Tutti ci alzammo.

Quando ci fu dinanzi, vedemmo che aveva una grossa spranga di ferro, lunga un par di palmi, fissata alle gambe con due anelli posti sopra la noce del piede. Era un ragazzo macilento, sudicio e di fisonomia sgradevole. L'ambasciatore lo interrogò per mezzo dell'interprete. Chi ti ha messo quel ferro? Mio padre, rispose arditamente il ragazzo. Per che motivo? Perchè non imparo a leggere.

Ho capito, rispose l'Ambasciatore; non parliamone più. Tutti i nostri volti presero un leggero color verde. Finito il pranzo, l'Ambasciatore rimase a discorrere col Gran Vizir, e noi uscimmo dalla sala. Era buio e piovigginava. Nell'altra sala, in fondo al cortile, illuminata da una torcia, desinavano, seduti sul pavimento, il nostro caid, i suoi ufficiali e i segretari del Gran Vizir.

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