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Aggiornato: 5 giugno 2025
Esaminò subito Tina e si compiacque che l'abito le andasse abbastanza bene: anche la serva, che pareva una ragazza nella fisonomia, ne convenne, ma la sua voce era fessa e negli occhi verdastri le brillava una luce fredda. Poi rientrò nella cucina. Le tre donne rimasero nel salotto.
Poi uscirono tre o quattro contadini vestiti di scuro, poi spuntò lo sposo, poi finalmente la sposa, timida, timida, con l'abito color latte e vino, un gran velo nero buttato sul capo e gli occhi bassi verso terra. Fu un grande scoppio di grida, saluti e risa: la comitiva s'ingolfò nella chiesa e la folla dentro anch'essa confusamente, allegramente.
Folco non avrebbe saputo rispondere: forse l'uno e l'altro le attanagliavano l'anima e pesavano tanto ch'ella non riusciva più a fingere. Verso le due, la contessa chiamò la cameriera e le diede ordine di prepararle l'abito per uscire. Folco, il quale era presente, con un giornale tra le mani, alzò il capo. Sei sicura di poter uscire? domandò. Ma certo, ella rispose. Non credi che Lillia migliori?
Era di sicuro un complice pericoloso, del quale i ladri avevano voluto sbarazzarsi... Pensai a incarnare una idea, che da molto tempo mi angustiava... I rimorsi del delitto da me commesso nel Vicolo della Luna non mi lasciavano più tregua... Vestii il cadavere, de' miei panni e lo gettai nel fiume... Stetti poi alcuni giorni errante per la campagna... Seppi che mi si credeva morto... Una notte scura, burrascosa, potei traversare il confine... Mi recai a questo convento... Chiesi di poter lavorare... e fui adoperato in alcune faccende... portar legna, tirar acqua, zappare l'orto... Pochi mesi dopo, riuscii a farmi accettare come converso, e vestii l'abito... Lina era avvisata... Ci eravamo proposti in un modo o nell'altro di far risaltare l'innocenza di Nello... Dio mi aveva toccato il cuore... Ho fatto la più dura penitenza del mio delitto, ed ero pronto ad espiarlo anche con la confessione, se non fossimo riusciti a salvare Nello in altro modo... Guardami concluse il Carminati, indirizzandosi a Lucertolo e vedrai se ho sofferto!
Era la migliore sua opera. Il pubblico andò in estasi per l'artista; la moglie sorrise, guardò bene, le piacque l'abito di Francesca e non altro. Il pittore manifestò l'intenzione di non vendere il quadro. Ma la volont
E così dicendo il dottor Cipriano uscì. Era il dottor Cipriano uomo di cinquant'anni, di ritta statura, altero, grave. Calvo e giallognolo, il suo capo aveva un impero indefinibile, tanto da incuter rispetto e tema in chi lo guardava. Gli occhi neri, lucenti, muovevansi celermente nell'orbita, ed in quello sguardo si scopriva l'acutezza indagatrice; la bocca sempre chiusa lasciava mai o quasi scorgere attraverso le pallide labbra i denti ancor sani ed interi. Teneva di consueto le braccia incrociate, il passo era lento e misurato, il moto della persona dignitoso e solenne. L'abito nero, elegante e slacciato gli scendeva in falde lungo i fianchi; nessun ornamento dorato gli splendeva sul panciotto pur nero, e ricercata calzatura teneva ai piedi. Personaggio molto stimato e in Pozzallo e nella contea tutta, godeva riputazione d'uomo influente e colto, apparteneva all'Accademia di Modica, aveva casa, giardino e poderi al Zango, e due volte al mese scendeva a Noto in qualit
Il Re gli usò mille carezze, e siccome l'abito che gli avevano portato in quel momento faceva spiccare i pregi della sua persona [I.19] (perchè era bello e benissimo fatto), la Principessa lo trovò simpatico e di suo genio: e bastarono poche occhiate del marchese di Carab
Poi quella scena così spezzata, profondamente repressa, sconcertò lui pure: avrebbe voluto dire qualche parola gentile per andarsene, ma invece non trovava nemmeno come salutarli. Quando finalmente fu uscito, Bice afferrò De Nittis per l'abito mormorando con accento di terrore: Quell'uomo ci odia, l'ho sentito. Almeno non ci ama perchè siamo signori; egli rispose con un sorriso doloroso.
47 Era la sopraveste del colore in che riman la foglia che s'imbianca quando del ramo è tolta, o che l'umore che facea vivo l'arbore le manca. Ricamata a tronconi era, di fuore, di cipresso che mai non si rinfranca, poi ch'ha sentita la dura bipenne; l'abito al suo dolor molto convenne.
La mamma aveva cinto d'un braccio la vita di Tina, premendola con lenta carezza. Ti ricordi quella volta che uscimmo a far merenda fuori di porta San Gallo colle Tugnoli? Fu l'anno passato, di primavera come adesso: tu avevi ancora l'abito giallo, io stavo quasi bene. Che bella giornata! Quanto danaro avete ancora? chiese bruscamente la ragazza. Uno scudo; dopo, io non so più nulla.
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