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Aggiornato: 23 maggio 2025


, era quella «casa sua»! Peg e George sarebbero nuovamente i suoi compagni; e il morto signor Johnson, e il giovane senza mento, e i bambini nudi colle teste grosse, starebbero con lei nelle lunghe e solitarie serate. E Anne-Marie lascerebbe il Gartenhaus di Fräulein Müller e tornerebbe alla scuola gratuita della Settima Avenue. A che cosa pensate? chiese il Selvaggio. Nancy non rispose subito.

Poi non ne parlò più affatto. Minna girò per la casa con gli occhi rossi e il naso gonfio, e dopo qualche giorno i conti della spesa giornaliera segnarono un inverosimile rialzo. Nancy pagò tutti i suoi debiti; comprò delle vesti per e per Anne-Marie, e diede congedo a Mrs Johnson.

Nancy prese un foglio della povera carta da lettere rigata di cui si serviva quando doveva domandare in prestito una casseruola a Frau Schmidl, o pregare Mrs Johnson di pazientare qualche giorno. E scrisse: Mio signore, «I fiori hanno sbagliato. Sono venuti da me, che non ero vestita di celeste. «La mia veste era bruna». Sottolineò l'umile parola inglese «brown», e non mise firma.

Nancy accese il gas nel salotto, e sedette colle mani in grembo. Era sola, quella sera, come tante altre sere. I bambini colle teste grosse la guardavano. E il morto signor Johnson con gli occhi bianchi la guardava. Sul caminetto la piccola pendola sgangherata pareva chiacchierar piano, e affannarsi a sbattere via il tempo in fretta e furia. Nancy l'ascoltava.

Dopo di ciò, quando il morto signor Johnson faceva più del solito paura a Nancy, essa andava nella camera di Anne-Marie e batteva sul muro con una spazzola. E allora arrivava Peg, a passare la serata amichevolmente con lei. Spesso veniva anche George, e leggeva ad alta voce i supplementi letterari del «New York Herald». Leggeva specialmente tutte le poesie.

La belle qui veut, La belle qui n'ose Cueillir les roses Du jardin bleu.... Così chiacchierava piano la pendola sbattendo via il tempo in fretta e furia. E Nancy l'ascoltò. D'un tratto, come per la prima volta, comprese, sentì che la vita passava, che passava rapida e irrichiamabile, e che lei, Nancy, non viveva! Lei era qui, chiusa col morto signor Johnson, ed era morta come lui.

Quando, mesi fa, erano arrivati in quella casa, Nancy aveva subito raccolto tutte quelle fotografie e le aveva nascoste in un armadietto buio in corridoio. Ma la signora Johnson arrivando all'improvviso, come soleva fare coi suoi inquilini, s'era guardata intorno con occhi severi. Dove sono tutte le fotografie? aveva chiesto con voce terribile a Nancy. Quelle non vanno toccate.

E Nancy si domandò vagamente se casa sua era la pensione nella Lexington Avenue, o l'appartamento di Mrs Johnson nella 82.ma Strada. Concluse che era l'appartamento nella 82.ma Strada, dove il mazzo di orchidee e capilvenere aveva vissuto con lei quasi otto giorni.

Da caminetto e scaffale, da mensola e scansìa, visi di sconosciuti in veste antiquata la fissavano con occhi sbiaditi. Appeso al muro, con occhi bianchicci che seguivano Nancy dovunque ella si mettesse, v'era un ingrandimento fotografico d'un ritratto del defunto signor Johnson; e Nancy, sola, di sera, ne aveva paura. Aveva provato qualche volta a coprirlo con una tovaglia, ma era peggio.

Quando Minna andava a casa sua, e Anne-Marie dormiva, e Aldo era uscito a far due passi con qualche conoscente italiano, oppure, in cravatta bianca e marsina, s'era frettolosamente recato al suo lavoro, Nancy sedeva sola e desolata nel terribile salottino, circondata dalla mobiglia della signora Johnson sua padrona di casa, e dalle fotografie della famiglia e degli amici della signora Johnson.

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