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Aggiornato: 15 maggio 2025


Un anno dopo scrive: "Andare d'avanti al giudice, dirgli: "Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa. L'ho compiuto con una perfetta lucidit

La lasciai d'avanti ai suoi grandi armarii di noce, profumati d'ireos, dove due donne accumulavano la bella biancheria di bucato, l'opulenza di Casa Hermil. Maria, nella sala del pianoforte, prendeva la lezione da miss Edith; e le scale cromatiche si succedevano rapide ed eguali. Passava Pietro, il più fedele dei servitori, canuto, un po' curvo, portando un vassoio pieno di cristalli che tintinnivano poiché le braccia tremavano di vecchiaia. Tutta la Badiola, inondata d'aria e di luce, aveva un aspetto di letizia tranquilla. V'era non so qual sentimento di bont

Ma, ripeto, non bisogna lasciarsi ingannare dalle parole di Tullio Hermil. Non il suo sentimento, ma la sua carne si ribella, non il suo sentimento ma i suoi sensi si sottomettono. Dopo aver chiesto a Giuliana il nome di quell'uomo, dopo ch'ella gli ha risposto soltanto: "T'ho amato sempre, sono stata sempre tua, sconto con quest'inferno un minuto di debolezza, intendi? un minuto di debolezza... È la verit

Tullio Hermil infatti potrebbe dirsi fratello carnale di Andrea Sperelli. È un corrotto, un raffinato nella corruzione, un artista della vita. Non incide acque forti, non cesella componimenti poetici di sapore arcaico, ma prepara, dispone, regola i suoi sentimenti e i suoi atti in maniera che fruttino al suo alto egoismo i maggiori benefizii. Ha l'orgoglio e la vanit

Il personaggio di Tullio Hermil è creazione così spontanea della immaginazione di Gabriele D'Annunzio, che ci vuole un certo sforzo per accorgersi di questa mancanza. Il fratello carnale di Andrea Sperelli è così corrotto, è così raffinato nella sua corruzione, è così artista nella vita; ci son tanti riflessi nella sua personalit

E ripensai il titolo dell'annunziato libro di Filippo Arborio: Turris eburnea. I dubbii mi si affollarono nello spirito. Si trattava d'un riscontro puramente casuale con l'appellativo della nota dedica? O lo scrittore aveva inteso creare un personaggio letterario a simiglianza di Giuliana Hermil, narrare la sua avventura recente? E di nuovo la torturante interrogazione mi si ripresentò.

Le trecento settantadue pagine della sua confessione non rivelano però il lento lavorìo del rimorso, questo bisogno dell'accusa. Tullio Hermil, pur compiacendosi di distrigare l'arruffata matassa delle sue sensazioni e dei suoi sentimenti, rimane quasi estraneo a tutto quel che va scrutando nel proprio cuore corrotto.

Sono quattro pagine di racconto particolareggiato, filato. Il lettore dimentica che non si tratta d'una scena diretta, ma della visione interna, della memoria di una scena. vale che Tullio Hermil aggiunga: "Così rivedevo tutto, a occhi chiusi: aprivo gli occhi, e rivedevo tutto ancora, con un'intensit

Tullio Hermil ha gi

"Può essere dunque che Raimondo porti la mia impronta e sembri un Hermil autentico" pensavo. "Può essere che io riceva speciali congratulazioni per avere impresso con tanto vigore all'Erede il suggello gentilizio!"

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