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Va, va, sarai più felice, morto, gli disse ancora, Gwendaline. Dammi un bacio, chiese egli, umilmente, inginocchiandosi innanzi al divano dove ella giaceva sdraiata, per non darle il fastidio di levarsi. Ella si voltò leggiermente, all'uomo inginocchiato: gli prese la testa fra le mani sottili e ingemmate e gli posò le belle e fresche labbra, sulla fronte.

L'affare è andato a male? chiese poi Gwendaline con la pura voce cristallina. A male, egli rispose fievolmente. Per sempre? Per sempre, egli ripetette come un'eco fatale. Nessuna impressione di meraviglia, di tristezza, di piet

Gwendaline, se mi vuoi bene, taci, taci.... Io non ti voglio bene, ella proclamò, ma quietamente. Se me ne hai voluto, taci, non mi uccidere tu.... Io non ti ho mai voluto bene, ella insistette a negare, serrando fieramente le belle labbra rosse e fresche. Julian Sorel la guardò, con tale una novella disperazione negli occhi che la superba donna sorrise di orgoglio.

A che cifra ascendono i tuoi debiti? ella domandò, a un tratto, con la voce fredda e limpida. Julian Sorel alzò la testa e guardò Gwendaline, trasognato: quasi non avesse udito, o non avesse inteso. A che cifra ascendono i tuoi, debiti? ella replicò, dominandolo coi suoi azzurri occhi glaciali. Non lo so.... non so.... non me ne parlare, egli pregò fremendo, passandosi una mano sulla fronte.

Un milione e ottocentomila lire: e dover anche ricorrere a un suicidio economico, a un suicidio poveretto, a quello degli straccioni, delle serve tradite, al fiume, al Tevere! mormorò ella, con un vago sorriso, come se parlasse a stessa. Egli levò i suoi occhi dolorosamente stupefatti, su lei. E Gwendaline comprese il senso di quella stupefazione.

Gwendaline, Gwendaline, non essere senza carit

Dunque? chiese la voce fresca e nitida della donna. Oh Gwendaline.... egli mormorò diventando più pallido ancora, non reggendo a sostenere lo sguardo di quei glaciali occhi azzurri. Ella si sdraiò, tutta bianca, in un divano di riposo bianco, coperto di cuscini di seta bianca così molli che vi affondò.

Il roseo della sua candidissima pelle era più veramente roseo di qualunque rosa. Dunque? domandò, di nuovo, a Julian Sorel. Costui non osò ancora rispondere, e la guardò con gli occhi preganti. Gwendaline crollò un poco la testa biondissima e si mise a giuocare coi suoi fulgidi anelli, che le coprivano le dita sino alla prima falange, sino all'indice, come a un idolo di Egitto.

Era una dolce e bella bugia, diciamolo, riprese Gwendaline, incrociando i suoi piedini leggiadri, calzati finemente, delicatamente di nero e di bianco, e vale la pena di morire per essa. Non sperare che i tuoi creditori ti lascino tregua! Tu devi fra cinquanta e sessantamila lire di denaro, a Giacomo Levi, a Francesco Sangiorgio, a Giovanni Lamarca, tuoi amici, che ti sei inimicati per sempre e che ti perseguitano assai peggio dei due strozzini, Pietro Toscano e Angelo Cabib a cui devi meno, molto meno, ma gli interessi sono saliti così in alto! Tu devi, poi, ai fornitori di Parigi, a Worth, a Morin, a Redfern, tutti vestiti che sono serviti per me e ti han fatto credito, perchè avevi speso da loro la met

E a lui parve che, ancora, in quel lungo bacio, le labbra di Gwendaline gli avessero detto: Va, va, sarai più felice, morto.